Malagrotta e la diossina, incubo sconosciuto
Non si attenua l’ondata di preoccupazione per il rogo dell’impianto di smaltimento rifiuti di Malagrotta, periferia ovest di Roma. In molti si chiedono quali conseguenze l’incidente verificatosi il 15 giugno possa avere sulla salute, cosa significhi in termini di esposizione e quali patologie possa provocare l’eventuale esposizione alle sostanze sprigionate. La soglia massima di tollerabilità è stata fissata dall’Organizzazione mondiale della Sanità in un trilionesimo di grammo al giorno per chilogrammo di peso. E i cittadini denunciano sui social: “Oltre al rischio diossina liberata nell’aria ci sono i depositi di gas e benzina adiacenti che sono stati allertati. All’interno del capannone sono stoccati rifiuti. I vigili del fuoco dicono di chiudere le finestre o allontanarsi per chi risieda a circa un chilometro”. Secondo l’Istituto superiore di sanità, con il termine diossine si indica comunemente un gruppo di sostanze (le policlorodibenzodiossine, i policlorodibenzofurani, e alcuni policlorobifenili anche conosciuti con le rispettive sigle: Pcdd, Pcdf e Dl-Pcb) che hanno caratteristiche chimiche, fisiche e tossicologiche tra loro molto simili. Diossina è il nome comune di una sostanza tossica, la tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd), formata da cloro, carbonio, idrogeno e ossigeno. Le diossine non sono sostanze prodotte volontariamente. Per lo più derivano infatti da processi naturali di combustione (come gli incendi di foreste o le emissioni di gas dei vulcani) oppure da specifiche attività umane quali l’incenerimento di rifiuti o i processi di produzione industriale. Attualmente, i cambiamenti nei metodi di produzione degli stabilimenti industriali e, soprattutto, nelle tecniche di incenerimento dei rifiuti, hanno ridotto molto il rilascio di diossine nell’ambiente. I policlorobifenili (Pcb), prodotti industriali ormai vietati da anni a livello mondiale, in passato hanno avuto vastissimo impiego in una serie di applicazioni. Attualmente, la loro presenza nell’ambiente è dovuta soprattutto al rilascio da parte di vecchi prodotti o apparecchi non correttamente eliminati o da “compartimenti ambientali”, come i sedimenti, dove si sono accumulati nel corso degli anni. Alle 17 e 52 del 17 giugno, una fonte di agenzia (Dire), comunica i dati relativi all’ultima rilevazione effettuata che, anche se in aumento rispetto ai giorni precedenti, rientrano nei parametri di legge e dunque non destano allarme. È quanto emerge dai monitoraggi realizzati da Arpa Lazio attraverso le stazioni fisse e quelle mobili installate subito dopo il rogo. Il valore della diossina è sotto i limiti indicati dall’Oms, anche se rispecchia la presenza di “una fonte di emissione”. I valori di giovedì 16 giugno mostrano un incremento delle concentrazioni di particolato (PM10 e PM2.5). Le concentrazioni rilevate dalla centralina di Malagrotta sono più elevate, pari a quasi il doppio, di quelle del giorno precedente: da 17 a 31 microgrammi e da 10 a 21. I valori aumentano anche nelle due stazioni di Fiumicino (da 14 a 17 a Fiumicino Porto e da 16 a 22 a Fiumicino Guglielmi). Il valore di benzene misurato presso la stazione di Malagrotta è pari a 1,9 µg/m3, significativamente maggiore di quello registrato il 15 giugno (0,3 µg/m3 ), ma comunque inferiore al limite di legge (5 µg/m3 , media annua). Tale andamento è coerente con il venir meno della spinta delle polveri verso l’alto presente nelle prime e più attive fasi dell’incendio.