Manovre e diritti: diamo un addio al Welfare

Nell’attesa di decisioni certe sulla manovra da 45 miliardi, valutiamo gli effetti fin qui prodotti dal decreto-legge n. 98 del 6 luglio, convertito nella legge 111 del 16.7.2011

Fu lo stesso ministro Tremonti, nella conferenza stampa di presentazione dello scorso 6 luglio, a chiarire il reale impatto di quella prima manovra di assestamento:

• 25,3 miliardi derivanti immediatamente dal decreto;

• 15 miliardi provenienti dal disegno di delega “assistenziale” con effetti stabiliti dalla clausola di garanzia inserita nello stesso decreto.

Nel dettaglio, la manovra contenuta nel decreto si compone di due capitoli: minori spese per 18 miliardi di cui:

• – 5 miliardi per i Ministeri;

• – 5 miliardi per la sanità;

• – 6,4 miliardi per gli Enti Locali

• – 0,57 miliardi per il Pubblico impiego

• – 1,09 di ridotte indicizzazioni delle pensioni.

Sono previste maggiori entrate per 7 miliardi di cui la parte più cospicua è costituita da

• + 2,4 miliardi per l’incremento sul bollo dossier titoli

• + 1,31 miliardi dall’ ammortamento dei beni delle imprese

Cambiano i numeri rispetto alle anticipazioni, ma non il giudizio sui contenuti del provvedimento che presenta caratteri di iniquità per gli interventi sulle pensioni, per la regressività di quella “patrimoniale” sui depositi titoli – come è stata definita dall’economista Luigi Spaventa – e di inefficacia, non prevedendo misure di rilancio dell’economia, vera emergenza. Ogni punto di PIL perduto significa una perdita in ricchezza del sistema paese di circa 15 miliardi di euro. Per non parlare dell’attacco alla autonomia degli enti locali. Per Regioni e Comuni i tagli raggiungono la quota record di 22 miliardi, includendo le precedenti manovre e ciò si traduce nella fine di ogni ipotesi di federalismo e azzeramento dei servizi erogati (assistenza sociale e sanitaria, trasporto, sostegno alle imprese, investimenti). E’ il complesso del sistema di assistenza e protezione sociale ad essere prossimo al collasso: per le politiche sociali è stato erogato il 47% di risorse rispetto al 2010 mentre la non-autosufficienza non è stata rifinanziata, al pari della politiche giovanili. Il fondo per la famiglia, dimezzato lo scorso anno, ha subito un ulteriore taglio di 25 milioni. E’ l’attuazione silenziosa dei postulati del Libro Bianco del ministro Sacconi: welfare pubblico residuale e neoassistenzialismo caritatevole ai bisognosi, una frattura di stampo simil-reaganiano rispetto al welfare universalistico modello europeo. I malumori, sia di parte politica che istituzionale, sono notevoli e l’analisi del professor Federico Spandonaro, economista dell’Università Tor Vergata, per quanto attiene ai riflessi sulla sanità è impietosa:

“Le percentuali dimostrano che alla Sanità si chiede un contributo rilevante al risanamento della finanza pubblica: il “taglio” è di circa il 1,7% annuo e, cosa ancora più rilevante, inferiore dello 0,6% della crescita reale per il 2013 e 2014: quindi per la Sanità pubblica si configura una recessione in termini reali, di dimensioni tutt’altro che banali. In pratica, il finanziamento pubblico della Sanità, congelato al 6,7% del PIL da alcuni anni, si ridurrebbe giungendo al 6,3% nel 2014: affinché l’impatto sulle famiglie fosse nullo, la spesa sanitaria si dovrebbe ridurre di una somma di circa 10 miliardi di euro da qui al 2014, ovvero oltre il 6% circa di tutta la spesa sanitaria pubblica e privata attuale; si consideri che la riduzione dovrebbe avvenire al netto anche degli aumenti dei prezzi, stimati per il resto dell’economia nell’ordine del 2% annuo, e che in Sanità sono normalmente più alti per effetto dell’innovazione: quindi la riduzione reale sarebbe ancora maggiore.”

Immediata la levata di scudi da parte dei governatori regionali, in particolare del toscano Enrico Rossi, assolutamente contrario a interventi di ulteriore contrazione delle risorse. Si pensi che ai 10 miliardi in meno di finanziamento, deve sommarsi l’imminente introduzione dei c.d. Costi Standard – che dovrebbero assicurare 4-5 miliardi di risparmi, specie nelle regioni del centro sud, soggette ai piani di rientro.

 Roberto Polillo
dirigente medico Asl Roma A
(1° parte – continua)

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