Medicina difensiva, da anni se ne denunciano le aberrazioni e ora, causa ridotte disponibilità di risorse, si pensa di correre ai ripari. La pratica – con cui i sanitari si cautelano da eventuali azioni di responsabilità medico legali connesse all’assistenza prestata – secondo un recente studio condotto su un campione di circa 1.500 medici ospedalieri incide per il 10% sul totale della spesa sanitaria, gravando le casse pubbliche per circa 10 miliardi e il fenomeno è destinato ad aumentare, se non si pone immediato rimedio.  L’eccesso di esami e approfondimenti per scongiurare rivendicazioni di pazienti e famiglie pesano sulle casse della sanità. Le prestazioni più frequenti sono nel 33% dei casi gli esami laboratorio, sempre con il 33%  sono stimati gli esami strumentali, per il 16% le visite specialistiche mentre, nel caso della cosiddetta medicina difensiva negativa, nel 6% di casi non si presterebbero cure efficaci per timore di complicazioni. I camici bianchi interpellati, nel 31% dei casi temono la legislazione sfavorevole e il 28% del campione paventa il rischio di essere citato in giudizio. Per non parlare delle sempre più frequenti pressioni e aspettative provenienti dai pazienti stessi e dalle famiglie. Sul tema è intervenuta Isabella Adinolfi, europarlamentare. “È giunto il momento di riformare il sistema per garantire un ambiente in cui i professionisti della salute possano operare senza la costante minaccia di sanzioni penali ingiustificate”, sostiene l’esponente di Forza Italia, sottolineando i valori fondanti della professione medica: impegno e dedizione ai pazienti. Sotto la lente di ingrandimento il significativo onere sul sistema sanitario e le complicazioni che influirebbero sulla libera pratica medica. “Sono favorevole a una revisione legislativa – afferma Adinolfi – visto che gran parte delle cause contro i medici si risolvono nell’assoluzione”. Un dato che rafforza l’idea che molte delle motivazioni per citare i medici in giudizio non abbiano alcun fondamento. “Tutto ciò non  equivale a un’assoluzione indiscriminata o una deresponsabilizzazione dei medici. La sfida è trovare un equilibrio che preservi la libera pratica professionale garantendo sicurezza e qualità nelle cure”. Un imperativo utile a ristabilire fiducia reciproca tra operatori sanitari e cittadini. (Agenpress)

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