Milano, edilizia sociale per i sanitari
Protocollo d’intesa per 200 alloggi destinati a personale di assistenza e ambulatori nei caseggiati
Aiutare concretamente chi ogni giorno, col proprio lavoro e la propria competenza, garantisce servizi essenziali al funzionamento delle comunità. Ė questo l’intento del protocollo d’intesa tra Regione Lombardia e l’Aler – Aziende lombarda di edilizia residenziale – siglato il 10 marzo e approvato in pari data dalla giunta guidata da Attilio Fontana. Proposto dagli assessori regionali alla Casa Paolo Franco e al Welfare Guido Bertolaso, l’accordo non si limita solamente a concedere alloggi a canone calmierato agli operatori della sanità lombarda ma ha lo scopo di ridisegnare l’assistenza territoriale partendo dai quartieri periferici e dalle fasce di popolazione più fragili. San Siro, Mazzini, Gratosoglio, Molise Calvairate, Lorenteggio e Salomone, sono nomi che, per chi conosce Milano, descrivono le difficoltà quotidiane di chi popola quelle aree. Per questo la Regione Lombardia, oltre ad avvicinare il personale sanitario ai luoghi di lavoro, incentivandone il reclutamento in aziende sanitarie territoriali, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), policlinici, ha pensato di dotare gli alloggi popolari di presidi sociosanitari all’interno dei caseggiati, con la facilitazione del personale di assistenza a disposizione. Servizi essenziali facilmente fruibili da comunità in cui, solitamente, l’età media è molto elevata e le possibilità di impiegare le proprie risorse per essere curati sono scarse. Si sostanzia in questo il progetto “Casa”, acronimo di centri Aler per i servizi abitativi, che prevede ambulatori sociosanitari di prossimità con assistenza agli inquilini e gode di finanziamenti del fondo sociale europeo (Por-Fse). Una sperimentazione similare fu avviata a Roma nel 2010, nelle nuove abitazioni comunali di Ponte di Nona ma senza successo. Al momento, sono più di 50 gli alloggi messi a disposizione dei sanitari ma, in base al protocollo d’intesa dovrebbero arrivare a 200, un incentivo in più per evitare fughe dei sanitari oltreconfine, con retribuzioni ben più adeguate. Si spera, in un prossimo futuro, nella riuscita del progetto con l’attivazione di ambulatori sociosanitari in cui le figure del medico e dell’infermiere di quartiere, possano favorire un potenziamento dei servizi territoriali: prestazioni infermieristiche domiciliari, consulenze in telemedicina, presa in carico e monitoraggio di pazienti cronici e fragili, sportello di supporto psicologico e sedute di fisioterapia.