Roma, il quartiere Monteverde avrà il suo ospedale di comunità. La Asl Roma 3, dopo la sfortunata parentesi di un presidio sfumato in via Fabiola, punta sul nosocomio del San Camillo e collocherà la nuova struttura nel padiglione Monaldi, dove un tempo era il glorioso laboratorio di Virologia. Abbandonato da anni, sgomberato nel febbraio 2017 da senza fissa dimora che ne avevano fatto la propria residenza, l’edificio risulterebbe lesionato e per questo, se ne prevedeva l’abbattimento. Ora, con un investimento di nove milioni, diventerà ospedale di comunità, secondo le previsioni e i fondi del Pnrr, con 40 posti letto in più, che vanno ad aggiungersi ad altri 30, da realizzare nei locali dedicati all’emergenza, nella cosiddetta “boarding area”, termine mutuato dal linguaggio aeronautico che individua il luogo in cui il paziente viene collocato in attesa di un posto letto. Un progetto che vede l’innalzamento del padiglione centrale e rientra in un più ampio piano di ristrutturazione e messa a norma di cinque padiglioni dell’ospedale sulla Gianicolense, nel rispetto degli standard antisismici: Flajani, Marchiafava, Padiglione centrale detto “Piastra”, Puddu e Sala. Nuovi ampliamenti e superfetazioni con un investimento di oltre 25 milioni, tra fondi giubilari, Pnrr e risorse regionali, in un ospedale già asfittico, in cui ogni spazio residuo è stato inglobato e l’implacabile cemento ha preso il posto di ariosi vialetti. In più saranno acquisite nuove tecnologie, tra cui acceleratori lineari, risonanza magnetica 3 Tesla, Tac e angiografi per potenziare le specialità di radioterapia, neuroradiologia e medicina nucleare. Ė quasi una marcia indietro questo adeguamento del nosocomio, un ritorno alla possibilità di ricoveri in più ormai dimenticati, considerato il significativo taglio di posti letto degli anni passati che ha decimato la ricettività del grande ospedale romano. Sono infatti 47 gli altri letti acquisiti in terapia intensiva e semi-intensiva grazie ai fondi destinati all’emergenza Covid. Una boccata d’ossigeno quei cento e passa posti letto in più, che forse non risolverà le lunghe attese in pronto soccorso ma le attenuerà notevolmente, considerato che le opere di maggior impatto dovrebbero concludersi entro sei mesi, salvo complicazioni. In attesa di quell’ospedale di comunità, inglobato dall’azienda ospedaliera San Camillo ma gestito dalla Asl di zona, la Roma 3, la cui realizzazione rischiava di svanire, in quanto la sede individuata in prima battuta – una ex scuola di via Fabiola – non si è rivelata adeguata a concludere i lavori nei tempi relativamente ristretti imposti dal Piano di ripresa e resilienza europeo. Di un riutilizzo del Forlanini neanche a parlarne, così come tutto tace rispetto alle previsioni che vedrebbero l’attiguo ex sanatorio – chiuso nel 2015 e rimasto inutilizzato – destinato a diventare la sede del Bambino Gesù in area extraterritoriale, sottraendo 14 ettari strategici ai cittadini. Un progetto che richiederebbe 600 milioni di investimento, tra complesse opere di ristrutturazione e costi indiretti. La stessa cifra con cui si acquisirebbero due nuovi ospedali “chiavi in mano”, comprensivi di arredi. Mentre numerosi servizi della stessa Asl continuano a essere ospitati da decenni in edifici privati, che costano alla collettività più o meno tre milioni l’anno. (Nella foto: il padiglione Monaldi)

 

Commenti Facebook:

Commenti