Una pratica sconcertante, che consiste in un intervento volto a modificare l’anatomia dei genitali delle donne, legata a tradizioni religiose e sociali, con intenti di controllo del corpo e del piacere. Sono oltre 200 milioni nel mondo le bambine sottoposte alla cosiddetta circoncisione femminile di cui 92 milioni in Africa, 600mila in Europa, 88mila in Italia e ogni anno sono 3 milioni le bambine a rischio, tra i primi anni di vita e l’adolescenza. Entro il 2030, secondo le stime, 68 mila ragazze potrebbero subire tale tortura. Per sensibilizzare l’opinione pubblica e fermare tale barbarie, il 6 febbraio si celebra la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili. Una importante iniziativa è prevista a Roma, in Campidoglio. Un seminario di studio che vede, quali responsabili scientifici, Piero Valentini dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Società italiana di pediatria e Giancarlo Santone, direttore del centro per la Salute dei migranti forzati (Samifo) della Asl Roma 1. Un dibattito articolato e approfondito, con una panoramica sul tema, che parte dalla situazione italiana delineata da esperti, medici di Asl e ospedali romani, ricercatori universitari, rappresentanti di Onlus quali il Cies – centro informazione e educazione allo sviluppo – e Amref Health Africa, introdotti dalla relazione di Piero Valentini, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Nella seconda parte della giornata di studio, si approfondisce la tematica puntando sugli strumenti di tutela e prevenzione, con particolare messa a fuoco sul circuito del sistema accoglienza e integrazione di Roma Capitale, con rappresentanti del dipartimento Politiche sociali e salute del Campidoglio, ufficio di coordinamento interventi in favore delle popolazioni migranti. Di rilievo anche l’approfondimento relativo alla formazione e il coinvolgimento dei docenti, a cura di Ada Maurizio, dirigente del Centro per l’istruzione degli adulti 3 di Roma. Seguono interventi relativi alla tutela della salute dei migranti, a cura di rappresentanti delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana. Retaggio culturale di antiche tradizioni tribali, le mutilazioni non trovano in realtà alcun fondamento religioso ed evidenziano una radicata disuguaglianza di genere, allo scopo di tramandare il dominio maschile sul corpo della donna, giustificando la pratica con motivazioni sociologiche o igieniche. Si tratta in realtà, di una vera e propria violazione dei diritti umani a cui, fortunatamente, la legge italiana ha posto rimedio assimilando tale tradizione alla tortura. Oltre alle previsioni normative, in Italia si stanno mobilitando varie associazioni e comitati per denunciare e prevenire. Determinante è però l’apporto dei professionisti sanitari, vere sentinelle del fenomeno, il cui intervento può essere risolutivo per eradicare la pratica in tempi ragionevoli. L’evento del Campidoglio si allinea perfettamente a tale istanza.

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