Scuotere violentemente un neonato per cercare di calmare il suo pianto inconsolabile può causare una forma di trauma cerebrale che, in un caso su quattro, porta al coma o alla morte. Ė la Sindrome del bambino scosso o “Shaken Baby Syndrome”, oggi in Italia ancora troppo poco conosciuta. Il 5, 6 e 7 aprile si celebrano le Giornate nazionali di prevenzione, per sensibilizzare la collettività sul tema, con punti informativi in 70 città di 18 regioni italiane, grazie alla campagna promossa dalla Onlus Terre des Hommes, impegnata per la difesa dei diritti dei bambini e dei ragazzi. “Non scuoterlo” è lo slogan-parola d’ordine per focalizzare l’attenzione e spiegare cos’è la sindrome e come prevenirla. Molto incisivo, sul tema, l’intervento di Elio Lopresti, tesoriere della Federazione nazionale degli Ordini della professione ostetrica (Fnopo), che mette in guardia sul periodo più a rischio per i neonati, che è quello compreso tra le due settimane e i sei mesi di vita. Occorre particolare attenzione, chiarisce Lopresti “sia per l’immaturità della muscolatura del collo, sia perché è in questa fase che il pianto del lattante può raggiungere picchi di massima intensità. Scuotere un neonato non è un gioco, ma un’azione pericolosa che può causare anche danno cerebrale, talmente grave da condurre alla morte”. Il monito del professionista è diretto non solo ai genitori ma a chiunque entri in contatto, tra i congiunti, con il bimbo appena nato. “Gli ostetrici, garanti del benessere – spiega ancora il tesoriere – sono i professionisti sanitari privilegiati nell’educare e rendere consapevoli genitori, famiglie, collettività”. Sono numerosi gli interventi in cui la loro presenza è determinante: la presa in carico in gravidanza, l’accompagnamento alla nascita e nel post-nascita, negli incontri sul territorio, nelle visite domiciliari e, in sintesi, nelle attività di promozione della salute. Ulteriori momenti di informazione passano attraverso la formazione nelle scuole di ogni ordine e grado. Una consapevolezza acquisita fin da ragazzi può significare salvare vite umane e il dottore evidenzia la necessità di educare gli stessi professionisti coinvolti nell’assistenza al bambino, “per evitare atteggiamenti che possano arrecare danno alla sua salute”, conclude l’ostetrico.

 

Commenti Facebook:

Commenti