Oms: “Resistenza alle infezioni, la ricerca è lenta”
Garattini sollecita a investire di più in ricerca e ad attivare la medicina di prossimità
Batteri resistenti agli antibiotici: il numero dei pazienti interessati al fenomeno è in costante aumento e in Europa muoiono ogni anno circa 33mila persone. La resistenza antimicrobica (AMR) è stata dichiarata dalla Organizzazione mondiale della sanità uno dei principali problemi sanitari mondiali e secondo i dati dell’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, si stima che nel 2050, se non si correrà ai ripari tempestivamente, si potrebbe arrivare fino a un milione di decessi nel mondo. Una pandemia silente, che vede il nostro Paese, insieme alla Grecia, come quello con la più alta prevalenza di patogeni resistenti agli antibiotici e con circa 10mila decessi annui addebitabili a tale causa. Da ultimo, il recente rapporto diffuso dall’Oms sul contrasto alle cosiddette infezioni BPPL (Bacterial Priority Pathogens List), traccia un futuro complesso per la lotta alle infezioni antibiotico resistenti. Si parla di resistenza antimicrobica quando batteri, virus, funghi e parassiti non reagiscono più al trattamento con i farmaci, rendendo i pazienti vulnerabili e accentuando il rischio di infezioni complesse da trattare, che possono provocare malattie fino ad arrivare a un infausto esito. L’Organizzazione mondiale sanità, dal canto suo, rende note le difficoltà dello sviluppo di prodotti all’avanguardia in tempi ragionevoli per contrastare i batteri più insidiosi. L’innovazione procede al rallentatore, sul tema è intervenuto Silvio Garattini (nella foto) – fondatore e presidente dell’Istituto farmacologico Mario Negri – nella trasmissione “L’Italia s’è desta” di Radio Cusano Campus del 17 giugno. “L’antibiotico resistenza è un problema reale” ha dichiarato, sottolineando tutte le difficoltà che incontrano i ricercatori. “La ricerca è considerata una spesa mentre è un investimento – ha precisato il professore – in Italia spendiamo 1,2% del Pil, contro una media europea di 2,2%. Se dovessimo adeguare la nostra spesa a quella della Francia, dovremmo spendere 22 miliardi. Questo è uno dei motivi per cui i giovani se ne vanno all’estero”. Le difficoltà, per l’illustre studioso, non si riducono soltanto a un discorso economico, anche la burocrazia che affligge la sperimentazione è una delle cause di disaffezione dei nostri giovani scienziati, così come la crisi del servizio sanitario, “privo della medicina di prossimità per una medicina che è diventata complessa”. La speranza, per Garattini, è affidata alle case di comunità, che con le risorse del Pnrr dovrebbero prendere quota, ferma restando la dotazione di personale, a cui la Ue non ha pensato. (Agenpress)