Opg, la riforma stenta a decollare

Ospedali psichiatrici giudiziari, meno di sei mesi alla chiusura definitiva e tanta incertezza. La data è fissata dalla legge numero 9 del 2012: 31 marzo 2013, da allora i sei ospedali psichiatrici giudiziari presenti in Italia, attualmente gestiti dall’amministrazione penitenziaria e definiti dal senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia ed efficienza del Servizio sanitario nazionale “luoghi di degrado e tortura”, dovranno chiudere i battenti. Ricollocare le 1400 persone assistite in nuove strutture gestite dalle Asl, come previsto dalla legge, non sarà semplice. Per superare gli Opg si prevedono centri residenziali speciali, a esclusiva gestione sanitaria con servizio di vigilanza esterno. Secondo il rapporto della commissione ad hoc, presieduta dallo stesso Marino, circa il 40 per cento degli assistiti – per cui non sussiste la pericolosità sociale – potrebbero essere affidati ai dipartimenti di salute mentale delle Asl che però non sono ancora organizzate in tal senso. I finanziamenti statali stanziati sono cospicui: 38 milioni di euro per il 2012 e 55 per il 2013 ma sembra che le risorse non siano state ancora trasferite. Così le regioni, già in sofferenza, e le aziende sanitarie si trovano nell’incertezza mentre non vengono risparmiati dubbi e critiche al nuovo assetto previsto dalla legge. “Si rischia di ritrovarci con numerosi piccoli manicomi regionali” dice Stefano Cecconi, presidente di “Stop Opg”, un cartello che raccoglie numerose associazioni di base e forze sociali, tra cui la Cgil Funzione pubblica e che il 29 settembre scorso ha indetto la giornata di mobilitazione in tutte le regioni italiane. “Evitare l’ospedale psichiatrico giudiziario è possibile – è scritto in una nota del sindacato – se la presa in carico da parte dei servizi di salute mentale è precoce e globale, se c’è un progetto terapeutico-riabilitativo individuale che coinvolge la comunità locale e se esiste un coordinamento con la magistratura”. Cure e assistenza in luogo di misure di sicurezza chiedono i rappresentanti di “Stop Opg”, diritti e cittadinanza alla persona malata per riaffermare i valori insiti nella legge Basaglia, più volte messa in discussione e bersaglio di attacchi da diverso tempo. Una presa in carico delle persone e dei loro famigliari in centri di salute mentale accoglienti, disponibili nell’arco delle 24 ore, inseriti nel contesto dei servizi sanitari territoriali, con inclusione sociale e lavorativa. Questa è la ricetta dei sostenitori della riforma, l’unica adatta a non ripetere gli errori del passato.

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