Sembrava una solida certezza, la notizia diffusa a fine dicembre 2023, con cui si annunciava l’arrivo di un ospedale di comunità nel quartiere romano di Monteverde. Una boccata d’ossigeno per un territorio vastissimo e popoloso, privo di servizi sanitari pubblici e con un grande ospedale, il Carlo Forlanini, chiuso dal 2015 per far quadrare i bilanci regionali e lasciato in abbandono, senza previsioni per l’immediato. Il presidio doveva sorgere in via Fabiola 15 di fronte al Municipio Roma XII, nell’ex plesso scolastico intitolato a Fabrizio De André, una collocazione non proprio oculata, considerata l’elevata frequentazione degli uffici e la carenza di parcheggi. Ma le risorse del Pnrr si sa, fanno miracoli, così la macchina burocratica si era messa in movimento e, addirittura, la Asl Roma 3, aveva deliberato l’affidamento delle opere di ingegneria e architettura al Raggruppamento temporaneo d’impresa di cui fa parte il prestigioso studio Valle, con commesse in tutto il mondo, insieme a Leonardo Nolasco e C-Engineering Srl a cui erano stati affidati studio di fattibilità e progettazione definitiva. Come nell’annosa e complessa vicenda del Forlanini però, anche in questo caso difficoltà burocratiche, inerzia istituzionale e forse mancanza di volontà politica hanno fatto sì che sul progetto fosse posta una pietra tombale, mandando all’aria la possibilità, per i cittadini di Monteverde, di poter godere di una dignitosa assistenza territoriale. La storia dell’istituto comprensivo De André ricalca, in parte, quella dell’ospedale Forlanini. Chiuso e abbandonato da quattro anni, vandalizzato e andato a fuoco di recente, l’edificio di via Fabiola attende da tempo una ristrutturazione per la messa in sicurezza, con assegnazione di un’ala alla Asl Roma 3 e il resto destinato alla scuola. La storia però è tutta italiana e, dopo l’approvazione del progetto in Conferenza dei servizi, si attendeva il via libera definitivo dal ministero dell’Istruzione per consentire lo sgombero dei locali, nulla osta che sembra non essere mai arrivato, almeno secondo quanto dichiara ufficialmente la presidenza del parlamentino locale. I tempi così si sarebbero allungati, oltre quel 2026 limite massimo entro cui realizzare i piani previsti dal Pnrr e ottenerne le risorse. Per questo la Asl Roma 3, a meno di improvvisi ripensamenti, si sarebbe tirata indietro per l’impossibilità di ottenere la cosiddetta “immissione in possesso” dal dipartimento Patrimonio di Roma capitale e investire i 10 milioni previsti. Una operazione datata perché l’utilizzo di parte del plesso era previsto per soli sei anni più eventuali altri sei. In sintesi: un contratto a termine. A questo punto sorge spontaneo l’interrogativo: perché non utilizzare il Forlanini, di proprietà regionale, per cui esiste un documento della Santa Sede per trasferire lì la sede del Bambino Gesù? Un interrogativo a cui i comitati cittadini chiedono immediata risposta, considerato che da decenni, con mobilitazioni di ogni genere, sono state indirizzate frequenti istanze alle istituzioni, per realizzare all’interno dello storico sanatorio servizi sociosanitari pubblici di cui il territorio è totalmente privo. (Nella foto: l’Istituto De André)

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