Ospedali chiusi: riapertura primo obiettivo
Puntuale come il panettone, inutile come l’istituzione che l’ha creata, il 7 aprile si è celebrata tra l’indifferenza generale la “Giornata Mondiale della Salute”. Qualche svogliata citazione in coda ai notiziari, nessun rilievo dei grandi media, qualche volenterosa quanto inascoltata manifestazione, (sempre nel rispetto delle regole anti Covid) degli ultimi fiduciosi agit-prop della sanità e anche questo ennesimo episodio del “giornatismo” imperante è santificato. Eppure in Italia è successo qualcosa di clamoroso. Se i simboli hanno un senso, il 7 aprile 2021 potrebbe veramente diventare data emblema del diritto alla salute, all’assistenza, all’accoglienza universale di tutti i cittadini presso le strutture dedicate. Un diritto che non può essere eluso, ignorato, calpestato, al di là di ogni impellenza economica. Lo hanno stabilito i giudici della Terza Sezione del Consiglio di Stato e vogliamo citarne i nomi: dal presidente Michele Corradino, a Paola Alba Aurora Puliatti, estensore della sentenza e i consiglieri Stefania Santoleri, Solveig Cogliani e Giovanni Tulumello. Con il dispositivo che ha annullato gli atti con cui si è proceduto, il 31 ottobre 2008, alla chiusura dello storico ospedale romano San Giacomo in Augusta i giudici amministrativi hanno stabilito il principio che nessuna esigenza di natura economica può giustificare lo smantellamento di un servizio assistenziale pubblico. Anzi, sono proprio i gestori della cosa pubblica probabilmente o inconsapevolmente complici del dissesto o della disorganizzazione in cui la stessa potrebbe trovarsi, che hanno il dovere di porre rimedio con dei correttivi non drastici e non in spregio dei diritti dei cittadini. Di questo, dal 7 aprile in poi, ogni amministratore e/o decisore politico deve tener conto. Soprattutto, tale principio deve rivendicare la collettività, al di là di tutte le sterili ricorrenze istituzionalmente santificate. La nostra Costituzione, al secondo comma dell’articolo 120 è molto chiara: “il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. In tempo di pandemia, chi può negare che un ospedale chiuso non costituisca pericolo per l’incolumità e la sicurezza dei cittadini? Chi avrebbe il coraggio di cancellare l’immagine di quei malati di Covid bloccati per ore se non per notti intere, dentro un’ambulanza in attesa di un introvabile posto letto negli ospedali del Lazio? Chi può contestare il fatto che la Regione, piuttosto che investire su immobili di sua proprietà, preferisca affidare la cura del Covid a strutture private accreditate o peggio, si permetta di destinare gli ospedali a fondi immobiliari per la vendita? Da ultimo, sfidiamo chiunque a sostenere che nel corso di questo anno siano stati garantiti fino in fondo i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Possono testimoniarlo, oltre ai malati di Covid, le migliaia di persone affette da altre patologie e allontanate dai nosocomi per timore o per impossibilità oggettiva di accedere alle prestazioni, causa sovraffollamento e liste di attesa insostenibili. Chiariamo tutto ciò, per festeggiare consapevolmente qualsiasi ricorrenza.