Pass: i ristoranti allentano, gli ‘altri’ si adeguano
Fatta la legge trovato l’inganno. Nel caso del passaporto sanitario l’inflazionato proverbio calza a pennello. Mentre si assiste a un malcelato passo indietro del ministro dell’interno Luciana Lamorgese, costretta ad ammettere “che i titolari degli esercizi di ristorazione non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti”, i sostenitori del discusso provvedimento corrono ai ripari e diramano circolari interne volte a chiarire gli aspetti più controversi legati al possesso del passaporto sanitario obbligatorio. Capofila il policlinico romano Tor Vergata, che sulla home page del sito istituzionale, detta le regole per le visite ai degenti da parte di amici e famigliari. A ruota tutti gli altri ospedali, tra i primi il San Camillo. E mentre da parte del Viminale si assiste alla capitolazione rispetto ai controlli delle generalità dei cittadini, affidandoli a “operazioni a campione”, le strutture sanitarie predispongono i propri controllori all’ingresso di ogni nosocomio, con uno sportello accoglienza nel punto centrale, presso cui si effettuerà il controllo della carte verde, la registrazione del documento e la compilazione di un questionario, con il rilascio di un braccialetto “giallo” – colore simbolo che evoca storici e drammatici segni di riconoscimento – lasciapassare per accedere ai reparti. Non a tutti però. Per recarsi in Ematologia Trapianti, Malattie Infettive, Oncologia e Terapie Intensive il visitatore oltre al Green Pass deve esibire il referto di test antigenico o molecolare negativo, effettuato entro le 48 ore precedenti insieme al documento d’Identità e compilare il questionario di autovalutazione. Il segno tangibile della non immunità costituita dal green pass, nato come mero passaporto per viaggiare tra gli stati aderenti all’Ue, diventato motivo di polemica nei paesi in cui ne è stata prevista l’estensione, anche per un mal riposto senso di sicurezza che potrebbe indurre a un maggiore lassismo rispetto alle regole di distanziamento. Rigido anche il protocollo d’ingresso nelle università. Una circolare del ministro Cristina Messa, oltre a rammentare l’osservanza delle note norme igieniche e di distanziamento, fa presente che ricercatori, dipendenti, studenti, per partecipare all’insegnamento, alle attività didattiche, di lavoro, alle lezioni e per sostenere gli esami in presenza, debbono entrare in possesso della carta verde. Con buona pace del diritto allo studio. Chissà cosa ne pensa il suo collega di governo, ministro dell’Istruzione Bianchi.