La carica delle “Cot – centrali operative territoriali”. Sono 480 in tutta Italia, esattamente quelle che il Pnrr prevedeva per saldare il pagamento delle rate, una scadenza rispettata al 31 dicembre 2024, prevista dalla Missione 6 Salute del piano europeo arrivato in soccorso della sanità. Con un problema insormontabile: mancano di operatori che le facciano funzionare. “Senza infermieri rischiano di diventare scatole vuote”, tuona Nino Cartabellotta, vulcanico presidente della Fondazione Gimbe, centro studi di medicina basata sulle evidenze, che esprime inoltre perplessità perché “i dati pubblici delle Regioni sull’attivazione delle Cot non sono ancora disponibili”. Nell’ambito della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr, le Cot sono state progettate come “hub” organizzativi per migliorare il coordinamento tra ospedali, medici di famiglia, assistenza domiciliare e servizi sociali,  secondo il modello “Hub e Spoke”, dove hub sarebbe il perno e lo spoke il raggio, come si usa dire nel linguaggio aeronautico, con il primo quale “scalo” principale ovvero, la funzione di coordinamento che dovrebbero avere le Cot, una volta dotate di personale. Pensate per garantire una presa in carico continua e personalizzata dei pazienti, le “centrali operative territoriali rappresentano – spiega Cartabellotta – un elemento chiave per affrontare le sfide legate all’invecchiamento della popolazione e alla crescente prevalenza delle malattie croniche”. Insieme a case e ospedali di comunità, supportati da telemedicina e assistenza domiciliare, costituiscono una rete assistenziale che si connota come una rivoluzione copernicana per le cure sul territorio, come dispone il decreto numero 77 del 2022, supporto normativo ai finanziamenti del Pnrr. “Tuttavia avverte il presidente di Gimbe – fino a quando non saranno pienamente funzionanti tutte le 611 Cot previste originariamente e ridotte a causa dei costi, si registrerà un aumento del carico di lavoro per quelle attive, che si troveranno a gestire un bacino di utenza più ampio rischiando di compromettere la qualità dei servizi”. In sintesi: una rivoluzione, quella del Pnrr, che nasce già azzoppata da problemi contingenti e che, nel tempo, causa impedimenti economici e tecnici, ha subito ben quattro “rimodulazioni”, ovvero revisioni di quanto previsto all’esordio, con sicuro nocumento della riorganizzazione dell’assistenza territoriale.

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