Posti di primo intervento, domina l’incertezza
Allarme chiusura rientrato, restano i dubbi. Interrogazione di Santori alla Pisana
Posti di primo intervento nessuna chiusura, allarme rientrato. La notizia di una possibile soppressione si è diffusa a macchia d’olio nel mese di settembre in tutto il Lazio, tra il disappunto di sindaci e cittadini. I residenti di Montefiascone, Ronciglione, Cisterna, Cori, Priverno, Sezze, Sabaudia, Gaeta, Minturno, Pontecorvo, Ladispoli e alcuni centri romani, tra cui il Cto da poco ristrutturato, in base al decreto 70 del ministero della Salute “Regolamento per la definizione di standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera” – reso noto alla fine del 2015 – hanno rischiato di veder dismesse tali strutture, ideate per supplire alla chiusura del pronto soccorso negli ospedali riconvertiti.
La direzione regionale della Sanità e politiche sociali, interpretando la disposizione ministeriale, aveva subordinato il mantenimento dei posti di primo intervento alla “riconversione dell’attività di un ospedale per acuti”, ovvero per un periodo di tempo più o meno determinato. Situazione da inevitabile allarme sociale. Il territorio nei pressi di un ex nosocomio, privato di tutte le possibilità di assistenza in emergenza, come avrebbe potuto rispondere alle necessità di soccorso, stabilizzazione del paziente, eventuale trasporto protetto in un ospedale idoneo? Ricadute del taglio della spesa, sostengono in molti e non si potrebbe dar loro torto. In realtà, gli intendimenti della Regione sarebbero diversi.
Un chiarimento in tal senso, viene dalla dichiarazione del direttore della Asl Roma 4 Giuseppe Quintavalle, che in una nota aziendale ha reso noto di aver adeguato l’offerta alle necessità di “rimodulazione dei servizi territoriali tra cui il Posto di primo intervento (Ppi) quale presidio territoriale di prima assistenza, definendone l’evoluzione in ragione delle caratteristiche”. In sintesi: si provvederà al primo soccorso nell’ambito della Casa della salute di Cerveteri/Ladispoli, dotata del “modulo funzionale aggiuntivo deputato al primo intervento”.
Di sicuro, se non di chiusura, si può certo parlare di una riorganizzazione dei Ppi, sempre nel senso di una razionalizzazione e un loro trasferimento in strutture già attive, quali le Case della salute, privando il territorio extra ospedaliero di un servizio essenziale e rassicurante. Il Decreto Ministeriale sembra lasciare spazio soltanto ai Ppi con una casistica superiore ai 6.000 accessi annui e in via della Pisana già fioccano le interrogazioni, tra cui quella del consigliere Fabrizio Santori, componente della commissione Politiche sociali e salute.