Pronto soccorso: #dottorestaisereno
Da tempo si parla di riorganizzazione del sistema sanitario regionale: riconversione degli ospedali e accorpamento, riduzione dei posti letto e taglio delle spese, potenziamento della medicina territoriale e del 118, apertura case della salute e Rsa, revisione delle competenze del 118. La concreta possibilità di arrivare a intaccare privilegi ormai consolidati però, fa ritardare di giorno in giorno l’applicazione dei necessari correttivi. Le difficoltà sono numerose: nella sola Roma esistono ben 36, tra ospedali pubblici e privati, quattro università, una miriade di case di cura convenzionate, una galassia di centri privati accreditati. Unica certezza, in uno scenario privo di programmazione, è l’aumento quotidiano dei pazienti
in Pronto soccorso, in ospedali di ogni ordine e livello. Per assicurare una minima assistenza ai pazienti, occorre partire dal basso, offrire loro un adeguato soggiorno, con tutti i comfort logistici, nel senso dell’allocazione alberghiera e dell’etica, con i servizi necessari: insomma, occorre offrire uno standard assistenziale adeguato. Perciò bisogna ridefinire gli obiettivi minimi e massimi da assegnare in merito alle risorse umane mediche, infermieristiche, ausiliarie e alle situazioni logistiche e alberghiere, per una adeguata degenza sia essa di uno, due o anche di cinque e più giorni. In pratica, un medico di pronto soccorso, per un turno continuativo di circa sei ore potrà visitare e assistere una media tra gli 8 e i 12 pazienti, finanche 18 o 22, considerando le varie tipologie di codice di accesso e il tempo medio da dedicare a ciascun caso. Per un ospedale con circa 120 accessi giornalieri ci vorranno almeno tre medici in servizio nella sale di emergenza e di visita. Il problema sarà “chiudere” questi casi entro le sei ore di servizio da parte del sanitario, per non lasciare consegne ai medici che gli daranno il cambio ma questo è proprio il punto cruciale della questione: spesso il paziente non viene rimandato a domicilio entro le sei ore ma necessita di una allocazione nei cosiddetti “letti tecnici di osservazione temporanea” per l’espletamento di tutto l’iter diagnostico. Altri tipi di paziente necessitano di ricovero in Osservazione breve intensiva (OBI), da non confondere con i letti tecnici, per completare l’iter clinico, diagnostico e terapeutico per un periodo variabile tra le 6 e le 36 ore; altri necessitano di ricovero ma per mancanza di posti letto, soprattutto nelle ore mattutine e notturne, sostano in un’area da poco identificata nella cosiddetta “Holding Room” per pazienti “stabili” che hanno completato l’iter in pronto soccorso e, il cui ricovero in aree di degenza ordinaria spesso viene procrastinato per alcuni giorni. È qui che si deve agire, con un numero di infermieri e medici adeguato agli assistiti per garantire idonea assistenza medico-infermieristica e una accettabile condizione logistica. Si tratta di ricalibrare le presenze di sanitari, evitando sperequazioni e sprechi in altri reparti. Altro spinoso tema, è l’indisponibilità di posti letto nelle varie aree di degenza ordinaria. Qui è il vero nocciolo della questione ma questa, è un’altra storia.
*Medico di Emergenza Urgenza
(1 – Continua)