Pronto soccorso: un tranquillo week-end di disagi
La festa di Ognissanti acuisce un problema noto da tempo: 5000 pazienti in 24 ore nei pronti soccorsi del Lazio
File interminabili, attese improponibili, mancanza di informazioni. Benvenuti in un pronto soccorso del Lazio. Niente di nuovo sotto il sole, purtroppo. La ricorrenza di Ognissanti ha soltanto accentuato una tendenza ormai ricorrente: la chiusura di 16 ospedali in dieci anni, con cancellazione di 3600 posti letto si fa sentire; non sono soltanto i 5000 pazienti piombati nei reparti di emergenza in 24 ore a far collassare un sistema già a terra da tempo. Alle 17:45 del 2 novembre erano presenti in tutto il Lazio 800 pazienti, di cui 600 già trattati e in attesa di un ricovero che stentava ad arrivare. E non è solo la carenza di letti a bloccare quello che dovrebbe essere il servizio modello, il pronto soccorso, che va avanti solo grazie alla competenza e abnegazione dei professionisti in prima linea. Medici, infermieri e operatori in perenne carenza di organico, attualmente ne mancherebbero almeno 400. A lanciare l’ennesimo, inascoltato allarme, è Giulio Maria Ricciuto, presidente di Simeu – Società di medicina di emergenza e urgenza – che avanza precise richieste ai decisori politici. In primo luogo la creazione di aree specialistiche separate dall’emergenza/urgenza, al fine di sgravare le sale mediche del pronto soccorso e arrivare all’immediato trattamento dei pazienti. Segue poi la richiesta per la riattivazione dei posti di polizia quale deterrente contro le violenze sempre più frequenti nei confronti dei sanitari. Secondo il primario del dipartimento emergenza e accettazione dell’ospedale Grassi di Ostia, occorrono anche incentivi per chi lavora in pronto soccorso, come avviene in molte altre regioni, alcune delle quali anche confinanti, che possono rappresentare una attrattiva per molti medici che potrebbero sentirsi motivati ad abbandonare il Lazio, se la situazione non cambia.