Punti di primo intervento: ‘indietro tutta’
Dovrebbero essere accorpati alle postazioni locali del 118. L’emergenza garantita da 1 ambulanza
Una tela di Penelope, qualcuno ha definito così i provvedimenti regionali assunti per applicare gli odiati tagli lineari alla spesa sanitaria. Da una parte si propongono, dall’altra si discutono e si emendano, ove possibile, per garantire il diritto alla salute della collettività. Nel caso dei punti di primo intervento (Ppi) – strutture territoriali nate da storica e ormai vetusta previsione – la direzione regionale Sanità ha prima sollecitato le Asl all’attuazione del provvedimento, con nota del 13 settembre scorso, per poi tornare sui propri passi di fronte alle reali difficoltà ad assicurare le cure in emergenza ai residenti in territori vasti e privi di servizi. è parsa del tutto inadeguata, ai cittadini delle aree pontine la rassicurazione del presidente del Lazio Nicola Zingaretti secondo cui questa giunta, “a differenza degli altri gli ospedali li ha aperti e non chiusi”. Il pericolo della imminente soppressione e riconversione del Ppi di Minturno, ha visto una piccola sollevazione delle comunità locali. Le sette strutture della provincia di Latina – Sezze, Cisterna, Cori, Priverno, Sabaudia, Gaeta, Minturno – nel 2015 hanno assicurato assistenza di base a 74.800 cittadini, con 206 accessi al giorno, con un consistente snellimento dei pochi posti di pronto soccorso rimasti in zona, dopo i corposi tagli lineari partiti con il decreto 80 del 2010. Di fatto, penalizzare l’assistenza primaria senza potenziare strutture di prossimità quali le case della salute, che stentano a prendere corpo, offuscherebbe non poco l’immagine del presidente e commissario ad acta per il rientro dal deficit sanitario Zingaretti, nell’imminenza di una dura campagna elettorale. Così la direzione regionale, in seguito alle proteste di sindaci, forze sociali e cittadini, con la nota 472598 del 21 settembre ha rettificato quanto disposto in precedenza, subordinando la chiusura dei Ppi all’emanazione di appositi provvedimenti per gestire la fase di transizione.
L’assistenza territoriale e i ‘gap’ del sistema
Giuseppe Simeone (Fi): “la chiusura dei PPI penalizza il territorio e ingolfa gli ospedali”
Previsti dal 1994, attivati insieme alla rete di emergenza/urgenza del 118 per stabilizzare i pazienti critici, assicurando le prime cure in attesa di trasferimento in ospedale, i punti di primo intervento hanno subito profonde trasformazioni a causa della revisione della rete ospedaliera, falciata dai tagli degli ultimi anni. Per prima, fu la Cgil con un suo documento a criticare l’assetto di queste strutture, paventando effetti che “potrebbero moltiplicare la necessità del mezzo sanitario con incremento dei barellati e del numero di ambulanze. Quelle che spesso – insiste il sindacato – non possono ripartire, per carenza di posti letto, verso le postazioni periferiche PPI che continuano ad accogliere accessi”. Puntuali e ricorrenti critiche arrivano dal consigliere regionale Giuseppe Simeone, che sottolinea l’utilità dei PPI “come ambulatori attivi 24 ore in cui è possibile effettuare analisi di base, ecg, suture e terapia infusionale. Non è stato approvato alcun atto – contesta Simeone – con cui Zingaretti modifica il decreto che opera l’ennesimo smembramento e sottrazione di servizi, con la trasformazione, entro il 31 dicembre 2018, dei Punti di primo intervento in postazioni medicalizzate del 118”. Il timore, oltre all’impoverimento dell’offerta sanitaria territoriale, è quello di ingolfare i pronti soccorsi degli ospedali già in difficoltà, costringendo i cittadini a defatiganti trasferimenti, con pericolo per la loro salute. “Al momento – chiosa l’esponente di Forza Italia – non esiste ancora una linea chiara sul futuro dei punti”.