Rapporto Pit Salute: “il flop della sanità pubblica”

ospedale genericoE’ la solita, impietosa realtà, quella fotografata dal XVII Rapporto Pit Salute. Promosso da Cittadinanzattiva-Tribunale del malato, il monitoraggio sull’offerta di prestazioni sanitarie in Italia offre un’immagine più oscura del solito: i cittadini rinunciano alle cure, causa liste di attesa e ticket esosi. I rappresentanti dell’associazione decidono cosi di alzare il tiro e chiedono con forza provvedimenti concreti. “Occorre un nuovo piano di governo dei tempi di attesa, attualmente fermo al 2012; si debbono determinare gli standard nazionali dell’assistenza territoriale”, sostiene Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale. L’attenzione maggiore si concentra sui Lea, i livelli essenziali di assistenza rimasti fermi a 14 anni fa, che creano incertezza sull’offerta specie nelle regioni sottoposte a piano di rientro come il Lazio. Il filo conduttore delle rivendicazioni è il mancato inserimento delle organizzazioni di tutela nei luoghi decisionali. “Restituiamo gli ospedali ai loro azionisti: i cittadini”, recitava uno slogan adottato qualche anno fa dal Tribunale del malato e tale esortazione assume, oggi più che mai, concretezza. “Entrare a far parte del comitato di verifica dei Lea” è scritto su un documento dell’organizzazione e le 24 mila segnalazioni di inadeguatezza nell’assistenza ricevuta, arrivate nel 2013 al Pit salute – Progetto integrato di tutela nato nel 1996 – stanno a testimoniare l’urgenza di intervenire. I principali nodi da sciogliere emergono nella tavola rotonda del 30 settembre, in occasione della presentazione del Rapporto. Il pericolo del cosiddetto “universalismo selettivo”, che può tradursi in privatizzazione strisciante, è evocato da Stefano Cecconi, responsabile Politiche della salute della Cgil, sindacato impegnato in una campagna della durata di un anno in difesa del Servizio sanitario nazionale e per un nuovo Welfare. Profonda preoccupazione è espressa per le province del Lazio, dove i tagli e la riduzione dei servizi si fanno sentire in modo pesante. “Bisogna rendersi conto che lo standard del numero di posti letto per abitante, in Italia è inferiore a quelli europei” chiarisce Antonio Ferraro, delegato Tdm di Rieti, che aggiunge: “le Asl dovrebbero fornire indicatori epidemiologici per indirizzare la programmazione sanitaria regionale”. Da più parti si richiedono investimenti, più che tagli in sanità. “è una politica dissennata – tuona Costantino Troise, segretario del sindacato medici ospedalieri Anaao – in tal modo si spostano pazienti e risorse dal pubblico al privato, che oggi risulta più conveniente”. Per i dati sui tempi di attesa: www.cittadinanzattiva.it

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