Riordino degli ospedali, il caso Bracciano
“La nostra non è una difesa del ‘fortino sanitario’ ma la considerazione dell’importanza strategica del Padre Pio, in un territorio che conta oltre 130.000 abitanti che nel periodo estivo diventano almeno 300.000. Questa chiusura metterebbe a serio rischio di vita molte persone, considerati i tempi di percorrenza necessari per trasferire i pazienti in altri nosocomi”.
Non ha dubbi il sindaco di Bracciano Giuliano Sala e, in prossimità della data relativa al pronunciamento del Tar sul ricorso presentato contro la chiusura dell’ospedale, il 18 aprile, nutriva un cauto ottimismo circa l’ordinanza del Tar che “rimarca gli stessi rilievi che l’amministrazione aveva sottoposto alla presidente Polverini nell’incontro del 22 ottobre scorso”. Ottimismo giustificato, visto che il tribunale amministrativo gli ha dato ragione. “Valuteremo la sentenza”, dicono dalla giunta regionale.
Secondo il primo cittadino il decreto 80 di riordino delle reti ospedaliere sarebbe stato promulgato in grande affanno, con molta fretta, forse nell’intento di poter accedere ai c.d. Fas, i fondi strutturali per dare alla sanità del Lazio una boccata d’ossigeno. Nel provvedimento non ci sarebbe stata, secondo Sala “una seria e approfondita capacità istruttoria che avrebbe consentito di tenere nel giusto conto le realtà territoriali della regione”. Si consideri poi che per il Padre Pio furono investiti non molto tempo fa cinque milioni di euro per la realizzazione di due nuovissime e moderne camere operatorie, 4 postazioni di terapia intensiva, la ristrutturazione del reparto di radiologia e dei vecchi padiglioni, con la messa a norma degli impianti tecnici e lo spostamento della farmacia, mentre il nuovo pronto soccorso attende ancora la conclusione dei lavori. Nei piani degli amministratori c’era inoltre il progetto di aumento dei posti letto da 67 a 120.