Rocca: “La ricerca posti letto è archeologia sanitaria”
Abbattere le liste di attesa, migliorare la ricerca posti letto affidandosi a iter rapidi e trasparenti
Ai microfoni di “Coffee Break”, trasmissione di punta di La 7, il 21 gennaio oltre all’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato, ha annunciato il suo programma Francesco Rocca, candidato a presidente del centrodestra. Per par condicio, è intervenuta anche Donatella Bianchi che rappresenta M5s e la sinistra, che non si è soffermata sui temi sanitari. L’avvocato, già manager sanitario e presidente della Croce Rossa italiana e internazionale, dimessosi irritualmente per non influenzare il voto da posizioni di presunto vantaggio, ha esordito evidenziando il paradosso di una sanità tutta digitale vagheggiata dall’avversario D’Amato e una situazione reale “Che tutti possono toccare con mano, cittadini costretti ad attese in pronto soccorso che vanno dalle 40 alle 46 ore in media e ricerca posti letto con metodi da archeologia sanitaria – ha contestato – che si basano su contatti che utilizzano ancora il fax. La mia idea è di intervenire su tale procedura, informatizzando l’iter e inserendo in esso anche la prenotazione di prestazioni ambulatoriali, con implementazione del sistema accludendo le agende del privato convenzionato”. La precisazione ha richiamato i rapporti tra sanità pubblica e privata, a cui il candidato espresso dal partito di Giorgia Meloni ha ribattuto che “Pubblico e privato debbono concorrere insieme a risollevare il settore. D’Amato, che si professa paladino del pubblico, deve spiegare come mai dal 2016 al 2021 ha aumentato di 500 milioni la spesa verso il privato – attacca – io intendo riappropriarmi della cosa pubblica ed esigerò dal privato le stesse disponibilità che ha il pubblico, governando la spesa senza alcuna ulteriore concessione. Il mio obiettivo è la massima trasparenza, evitando di agire nel torbido, situazione che consente ogni arbitrio”. A chi gli fa notare il possibile conflitto di interessi, per avere in passato presieduto la Fondazione San Raffaele onlus, del gruppo Angelucci – un potentato della sanità accreditata del Lazio – Rocca obietta che, come avvocato, si è trovato ad amministrare le case famiglia per i malati oncologici. “Ritengo che questo sia valore aggiunto per chi voglia governare il Lazio, ho amministrato pubblico e privato e ne conosco punti di forza e punti di debolezza”. Altro tema di punta la mobilità sanitaria che secondo l’avvocato, nel Lazio sarebbe aumentata verso l’Emilia Romagna e la Lombardia e sarebbe notevole dalle province verso Roma, in quanto figlia di una visione che “mette al centro la capitale deprivando il territorio regionale di risorse. Abbiamo 7 Asl con un deficit spaventoso di 600 milioni e potrei continuare sulle inefficienze”. Per quanto attiene ai presunti successi nella lotta al Covid, specialmente con le inoculazioni del farmaco che ne combatterebbe gli effetti gravi, Rocca ribatte deciso: “D’Amato ha avuto la fortuna di trovarsi nel posto giusto. Roma, con cinque policlinici e tanti medici a disposizione, una rete di forze attive tra cui la Croce Rossa da me amministrata, l’ospedale militare Celio, i vigili del fuoco, la protezione civile, l’Inail e tante altre risorse che hanno agito in modo corale, non poteva non fornire tale risposta. Ė stata un’azione collettiva, un concerto di forze e mi sembra ingeneroso che si attribuisca tutto il merito a un solo soggetto, tralasciando il concorso di tanti altri protagonisti. Magari – incalza – una riflessione andrebbe fatta sulla assistenza domiciliare ai malati di Covid, che la Regione avrebbe dovuto gestire ma non ne ha avuto le forze, il vero vulnus di tutta l’organizzazione, con indici di mortalità imbarazzanti”. Per quanto attiene agli altri temi, Rocca propone una visione della Regione Lazio che metta al centro la cultura, una adeguata mobilità per “valorizzare le bellezze naturali, il bel mare di Gaeta” versus possibili nuovi porti che ne violenterebbero le coste. E siccome, chi non ha scheletri nell’armadio lanci la prima pietra anche l’avvocato, torna sui suoi trascorsi e sulla condanna per spaccio nel lontano 1986, puntando sul percorso di redenzione che, nei successivi decenni lo ha visto laurearsi, impegnarsi nel sociale sempre vicino agli ultimi, motivo per cui avrebbe accettato tale sfida “nel Lazio ci sono tante povertà e tanta esclusione sociale a cui si deve dare risposta”.