Sabotaggio al San Camillo, non è la prima volta
San Camillo: quando non interviene il fuoco ci pensa l’acqua. Si può sintetizzare così l’ennesimo sabotaggio ai danni dell’ospedale romano sulla Gianicolense, che nella notte del 31 gennaio ha provocato l’allagamento dei locali della direzione del nosocomio. Una porta forzata, bocchette idriche del bagno lasciate intenzionalmente aperte, l’acqua infiltrata tra i piani che distrugge i controsoffitti del padiglione di sotto, la radioterapia, dove ogni mattina i malati di tumore si sottopongono a pesanti trattamenti. Qualcuno che conosce bene l’ambiente, tanto da schivare le telecamere di sorveglianza, si è introdotto sabotando quello che i vertici regionali hanno definito “il tempio della salute”, Un atto condannato unanimemente che ha causato gravi disagi soprattutto ai pazienti. Non a caso, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha ricordato che “I luoghi di cura sono fondamentali per tutta la comunità ed è dovere di tutti noi rispettarli, per il benessere di chi ha bisogno e nel rispetto dei tanti lavoratori della sanità che in questi ultimi due anni stanno lottando ogni giorno contro il Covid”. L’allagamento della scorsa notte non è l’unico atto vandalico denunciato nel grande ospedale romano. La notte del 30 marzo 2020, in piena pandemia, quando i nosocomi scoppiavano ed era una corsa contro il tempo mettere a punto le strutture di contrasto al virus, il laboratorio per la ricerca del Sars-CoV2, che avrebbe dovuto iniziare la propria attività l’indomani, fu messo fuori uso con il sabotaggio dei computer, provocando non pochi disagi e rallentamenti nell’esame dei campioni per rilevare l’infezione. Qualche anno prima, nel 2016, nella notte tra il 4 e il 5 aprile prese fuoco un furgone parcheggiato davanti ai locali della cucina. Le fiamme sono divampate anche il 2 febbraio 2017, fortunatamente solo con un principio di incendio che ha coinvolto, paradossalmente, proprio la scala antincendio esterna al padiglione Puddu. Qualche mese prima analogo episodio si era sviluppato nei sotterranei del padiglione di ostetricia, fortunatamente senza gravi conseguenze. Di ogni episodio, ovviamente, è stata riscontrata la natura dolosa. L’incidente più grave, costato la vita a un paziente, risale sempre al 2016, anno drammatico per gli incendi improvvisi, quando al padiglione Maroncelli, nella notte tra 30 aprile e il 1° maggio le fiamme divamparono improvvisamente in reparto e un paziente moldavo ricoverato per ictus perse la vita, nel letto diventato un rogo.