San Camillo: aborto e informazione
La libertà di stampa è il valore fondante di ogni democrazia. Il concetto di libertà, oltre alla illustrazione dei fatti, è strettamente legato alla possibilità di rappresentare tutte le posizioni, a favore o contro un certo tema. Per questo abbiamo deciso di pubblicare la lettera di Patrizia Bonelli, rappresentante di Sinistra Ecologia e Libertà del XII municipio (già XVI), in relazione alla notizia dell’interruzione di gravidanza di una giovane mamma, avvenuta al San Camillo di Roma, per motivi terapeutici.
Legge 194 all’ospedale San Camillo di Roma, un posto dove si lavora per le donne
Informazioni macabre e splatter sui giornali del tipo “Interrompe gravidanza ma abortisce a casa dopo 10 giorni” (quotidiano sanità, 24 ottobre 2013), perché una donna ha avuto un’emorragia in seguito a un’interruzione di gravidanza del 16 agosto al reparto della 194 al San Camillo. Dopo un raschiamento può succedere che si debba intervenire nuovamente. In una visita recente al “Fate Bene Fratelli” ho notato un reparto affollato di donne che per motivi evidentemente assolutamente diversi dalla 194, erano state sottoposte a un secondo raschiamento. Si tratta quindi di una complicazione abbastanza usuale, tutti i ginecologi lo sanno, ma fa notizia e diventa un buon motivo per continuare a mettere sotto processo la legge 194 che al San Camillo, nonostante i molti obiettori di coscienza, viene attuata per moltissime donne grazie al personale sanitario e in particolare alla responsabile del reparto, Giovanna Scassellati. Raccontare poi e raccogliere tutte le testimonianze di come le donne sono lasciate sole, non assistite psicologicamente, andrebbe meglio in un clima non avvelenato dagli attacchi continui contro la legge che regola l’interruzione di gravidanza. Queste storie per quanto commoventi sono relative alla coscienza di oggi, ma perché non raccontiamo anche come era la situazione prima della 194? Le donne purtroppo hanno sempre abortito. Per le signore, le donne di un certo livello sociale, le signorine di buona famiglia c’era il ginecologo compiacente, il cosiddetto cucchiaio d’oro, che nella parcella includeva anche il rischio penale della violazione della legge. Per le donne che non se lo potevano permettere per motivi economici o di discrezione c’erano pratiche terrificanti che potevano avere conseguenze gravi sulla loro salute e sulla loro vita, come racconta il film inglese “Il segreto di Vera Drake”. Interruzioni di gravidanza praticate sul tavolo di cucina delle cosiddette “mammana” o più semplicemente delle ostetriche, mentre l’amica che ti aveva accompagnato si sentiva mancare per l’ inadeguatezza e la carenza delle più elementari misure igieniche. Allora nessuno diceva niente, in caso di emorragia scattava la denuncia. Si cercava mettere tutto a tacere con un smodato uso di penicillina e antibiotici. Se c’era qualcosa di più grave le donne se lo tenevano fino a quando scoprivano di non poter avere più figli o che avevano un tumore. Altro che sofferenza psicologica perché non la consolavano o non le tenevano la mano! Quello che tutti e, purtroppo, anche molte donne si dimenticano rispetto alla 194 è che questa legge ha sconfitto, o almeno molto ridimensionato, l’aborto clandestino nemico delle donne e della civiltà. L’equipe della 194 del San Camillo, nonostante gli attacchi periodici e l’obiezione di coscienza diffusa, continua ad applicare con determinazione la legge e non si fa intimidire.
Patrizia Bonelli