San Camillo: l’antincendio perde acqua
Guasto a un bocchettone provoca l’allagamento di due piani. In due ore allarme rientrato
Ė un paradosso ma gli impianti antincendio degli ospedali fanno acqua da tutte le parti. Dopo il tragico rogo del nosocomio di Tivoli dell’8 dicembre, tutte le attenzioni sono rivolte a questi complessi e delicati sistemi che abbisognano di particolari requisiti tecnici e la mattina del 27 dicembre alle 9:30, all’ospedale San Camillo di Roma, è emerso in tutta evidenza come un improvviso guasto possa creare una situazione difficile all’interno di un reparto. La rottura di un bocchettone dell’impianto antincendio, situato al quinto piano del padiglione Antonini, ha causato una ingente perdita d’acqua che si è rapidamente riversata nell’edificio e attraverso le scale e gli ascensori ha raggiunto il piano inferiore. Pronto l’intervento della squadra di emergenza interna e dei vigili del fuoco, che in due ore ha permesso il rientro della perdita, con cessato allarme alle 11:30. Nonostante il panico dei primi istanti, l’ospedale non è andato in tilt, trattandosi di un’ala di reparto prevalentemente adibita ad ambulatori e servizi. Nell’edificio, il più alto insieme al padiglione Puddu, hanno la loro sede il centro donatori sangue, la medicina nucleare, l’endocrinologia, la diabetologia e dietologia, la riabilitazione motoria, l’ambulatorio di fisioterapia e nel piano interrato il servizio autoparco. Costruito negli anni Settanta, il reparto intitolato allo psichiatra Giuseppe Antonini – antesignano di Franco Basaglia e creatore, nel 1903, del primo ospedale psichiatrico, il Sant’Osvaldo di Udine privo di mura – doveva ospitare l’ortopedia, con tanto di piscina per la riabilitazione in acqua ma, causa motivazioni tecniche, per lungo tempo è rimasto inutilizzato tanto da essere depredato dei servizi igienici con la piscina lasciata andare in malora. Soltanto all’inizio degli anni Ottanta cominciò, gradatamente, a popolarsi fino ad arrivare all’utilizzo completo nell’ultimo decennio, favorito dal forzato trasferimento di molti servizi dal vicino Forlanini, chiuso dalla Regione Lazio il 30 giugno 2015, con cui il San Camillo costituì per anni un’unica azienda ospedaliera. Fortunatamente, non si sono registrati significativi danni strutturali per il padiglione che funge anche da polo per la somministrazione del farmaco che attenua gli effetti del Covid, secondo quanto riportato da una nota della direzione. Nessuna difficoltà per gli assistiti quindi, solo qualche disagio presto rientrato ma i servizi interessati, al quarto e quinto piano, resteranno chiusi fino a completo assorbimento dell’umidità provocata dallo stillicidio. Le altre sezioni restano accessibili e attive e, in ogni caso, la direzione raccomanda di verificare, per chi avesse appuntamento negli ambulatori presenti nel reparto, l’operatività del servizio. Entro il 31 dicembre, secondo disposizioni impartite dalla Regione Lazio, il San Camillo dovrà attivare le opere di adeguamento dell’impianto antincendio, grazie a uno stanziamento di 23 milioni, parte di quei 375 già accantonati dall’ente, che dopo il tragico evento di Tivoli ha accelerato le procedure di conformità degli impianti antincendio negli ospedali del Lazio.