Ha sempre qualcosa da insegnarci la saggezza popolare romana. Nel caso dell’antico San Gallicano, ribattezzato l”ospedalone’, l’accrescitivo calza a pennello per il maestoso edificio che Filippo Raguzzini progettò nell’area di Transtiberim nel XVIII secolo e che il 14 marzo ha celebrato i 300 anni di vita. Si estende in tutta la sua lunghezza sull’omonima via, con le sue corsie alte ben nove metri e la chiesa a croce greca, progettata dallo stesso architetto, a fare da fulcro. L’antica Spezieria e il Teatro Anatomico a cui l’architetto Giacomo Palazzi, nel 1826, conferì la forma ellittica – con diciotto illustri medici ritratti sulle pareti – arricchiscono il prezioso aspetto di quello che nacque come primo ospedale europeo dedicato alla cura delle malattie della pelle e le affezioni veneree. Non più ospizio per ricoverare i poveri bisognosi o i pellegrini sfiniti ma un vero e proprio nosocomio di moderna concezione, con Bolla papale di fondazione, la “Bonus Ille” che Benedetto XIII promulgò il 6 ottobre 1726 e un vero e proprio regolamento interno del 1731, “Le Regole del Venerabile Spedale di Santa Maria e San Gallicano”, del cardinale Pietro Marcellino Corradini, ciò che oggi chiameremmo “atto aziendale”, con prescrizioni mediche e precetti morali, norme di comportamento e attribuzione di competenze, financo le regole per nutrirsi e per la vestizione al momento delle dimissioni. Sono molte le analogie con il presente: l’idea di fondare un ospedale, in una Roma settecentesca divisa tra una ristretta cerchia di privilegiati e larghe masse di derelitti, affetti da malattie repellenti quali lebbra, tigna, scabbia, si insinuò nella mente di Benedetto XIII proprio nell’anno del Giubileo e le innovazioni ingegneristiche vantate dalla maestosa struttura, ben si sposano con le attuali tendenze nel campo dell’edilizia sanitaria. A cominciare dal sistema idraulico, che vede nella fornitura della pregiata Acqua Paola l’adduzione delle acque bianche, per non parlare della rete fognante dotata dei cosiddetti “siedini” posti tra un letto e l’altro per lo smaltimento delle acque putride, passando per il minuscolo corridoio esterno posto a ridosso delle finestre, noto soltanto ai pedoni più attenti, per consentire agli infermieri di chiudere e aprire le imposte senza disturbare il riposo dei pazienti. C’è un nesso però che surclassa tutto, ed è la vocazione del San Gallicano: nato per la cura e l’assistenza ai più fragili, ha mantenuto nei secoli tale missione. E oggi, dopo il trasferimento nel 2000 di reparti e servizi nel moderno edificio di Mostacciano, sebbene inglobato nella grande famiglia degli Ifo – Istituti Fisioterapici Ospitalieri – l’ospedalone di Trastevere ha saputo riconvertirsi alla nobile attività delle cure prestate ai bisognosi, ospitando l’Istituto nazionale per la salute delle popolazioni migranti (Inmp) nato nel 2007 e fornendo ulteriori spazi alla Comunità di Sant’Egidio, storica presenza del rione, in convenzione dal 2003 per provvedere a istanze sociali e assistenziali delle fasce più disagiate. Una scelta che il console romano Flavio Gallicano – 330 d.C. – eroe delle campagne militari in Tracia, molto apprezzato da Costantino, avrebbe senz’altro condiviso, dedito come era nel suo spirito cristiano, alla assistenza ai bisognosi. Una mission apprezzata e ribadita da tutti gli intervenuti alla celebrazione dei tre secoli di vita. Dal ministro della Salute Orazio Schillaci al presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Dal direttore generale degli Ifo Livio De Angelis a quello dell’Inmp Cristiano Camponi, passando per monsignor Vincenzo Paglia della Pontificia Accademia per la vita e Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio. Un tuffo nella storia lo ha consentito la lectio magistralis di Maria Conforti, storica della medicina all’Università “La Sapienza”, che ha mostrato immagini delle corsie dedicate ai piccoli “tignosetti”, di cui si ha memoria fino agli anni Sessanta del secolo scorso.  Ulteriore approfondimento, vantando il San Gallicano lo status di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico dal 1939, lo ha fornito Maria Concetta Fargnoli, direttore scientifico del complesso, illustrando le sfide presenti e future dell’ospedale, i cui numeri di tutto rispetto – 1300 ricoveri annui, 120mila visite ambulatoriali, 925 interventi chirurgici, oltre 100 studi di ricerca, più di 8.000 apparecchi di precisione per un investimento di 85 milioni – conducono verso traguardi di alta specializzazione, dalla immunologia cutanea agli studi di genetica, con il supporto della intelligenza artificiale. Un piccolo miracolo, coniugare i notevoli traguardi raggiunti in campo scientifico-assistenziale, con la vocazione da cui partì il fondatore Benedetto XIII, suggellata nella lapide posta sopra il portale a memoria della fondazione “NEGLECTIS REIECTISQUE AB OMNIBUS”. Un modello di integrazione, quello del San Gallicano, da portare ad esempio per una medicina che guardi sempre più alla dimensione olistica della persona.

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