San Giovanni, il bluff dell’impronta digitale
Proposto un sistema di rilevazione presenze, ora bloccato, vietato dal Garante della Privacy
La lettera del direttore amministrativo Massimiliano Gerli porta la data del 24 marzo e, in sostanza, fa presente ai dipendenti che i nuovi tesserini per la rilevazione presenze già consegnati, debbono essere restituiti e bonificati “per annullare le funzioni del sistema biometrico”. In altre parole: segnalare la presenza in servizio attraverso la rilevazione delle impronte digitali è proibito per legge. Come si spiega allora il provvedimento dell’Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata – determina numero 90 del 14 luglio 2014 – che ha ad oggetto “Acquisto sul mercato elettronico della pubblica amministrazione di 3000 lettori badge dalla Selesta Ingegneria Spa per 18.996 euro più Iva?”. Tutto comincia un anno fa, quando si constata che “il numero di apparecchiature rileva presenze, della stessa società Selesta, risulta essere insufficiente e obsoleto”, concetto ribadito in una nota che il sindacato Uil aziendale invia all’amministrazione. Si procede così al restyling degli strumenti, stabilendo che i “dispositivi rispondenti alle esigenze dell’Azienda debbano essere dotati di microchip”, come riportato nel verbale del 29 aprile 2014 stilato dal direttore amministrativo, dal capo del personale e da un funzionario del settore informatico. Peccato che il Garante della Privacy lo vieti tassativamente. Non solleva dalle responsabilità dell’amministrazione la precisazione riportata nello stesso verbale “nessun dato biometrico viene conservato negli apparati di sistema oltre il tempo necessario alle verifiche”. Basta collegarsi al sito www.garanteprivacy.it per rendersi conto di ciò che Antonello Soro, presidente dell’Autorità che tutela la privatezza, ha stabilito in circostanze analoghe. Ne fa fede, ad esempio, il provvedimento numero 384 del 1 agosto 2013 liceo scientifico statale “Giuseppe Battaglini” di Taranto, in cui si stabilisce che verificare la presenza in servizio attraverso le impronte digitali costituisce una “palese violazione della disciplina di protezione dei dati, del principio di liceità, correttezza, necessità, pertinenza” e dimostra una “eccessiva eccedenza rispetto gli scopi perseguiti”. In sintesi, all’ospedale San Giovanni, secondo l’Autorità Garante si possono mettere in atto “sistemi meno invasivi della sfera personale e della libertà individuale, che non coinvolgano la dimensione corporale”. Resta una spesa di circa 23mila euro, in una sanità che non può certo permettersi tali “distrazioni”.