San Paolo: nuovi reparti a rischio chiusura

Se la Regione non avvierà un percorso di stabilizzazione entro il 31 dicembre, i reparti appena inaugurati all’ospedale San Paolo di Civitavecchia rischiano la chiusura. È il giudizio lapidario dei rappresentanti dei 250 operatori precari (su 1688 dipendenti) che il 4 ottobre, in occasione della presentazione dei 900 metri quadrati comprendenti il nuovo pronto soccorso e la rianimazione, con 8 letti di terapia intensiva, le sale morgue e la farmacia, hanno salutato con un sit-in di protesta le autorità locali presenti all’evento. Iniziata nel 2004, la ristrutturazione del polo di emergenza della Asl del litorale a nord di Roma, ha visto la sua conclusione grazie al contributo della locale Cassa di risparmio – Fondazione Ca.Ri.Civ – ma ci vorranno ancora una decina di giorni perché l’attivazione dei reparti divenga effettiva. Soddisfatto il direttore generale Salvatore Squarcione, il cui contratto scade il prossimo 15 ottobre, che ha rilanciato la proposta di una revisione dei confini della Asl, prefigurando un’azienda sanitaria del litorale che accorpi porzioni della Asl Roma D che comprende strutture di Ostia e Fiumicino. Insieme al polo dell’emergenza, le opere di restyling hanno interessato le chirurgie, l’oncologia, l’oculistica, l’atrio e la messa a norma degli impianti elettrici e fognari, con un costo complessivo di 8,5 milioni di euro. Assicurare la copertura dei turni nei nuovi reparti però non sarà possibile se non si sana la situazione dei lavoratori a tempo. “Si tratta di mantenere gli impegni presi, messi nero su bianco nell’accordo siglato lo scorso anno tra Regione e organizzazioni sindacali” ripetono all’unisono medici, tecnici e infermieri la cui presenza “è unica garanzia del mantenimento dei livelli minimi di assistenza”. La direzione è solidale con i lavoratori e si è impegnata per sollecitare in tal senso una Regione dimissionaria. Analogo impegno è stato sottoscritto dal sindaco di Civitavecchia Pietro Tidei, intenzionato a convocare una Conferenza dei primi cittadini di tutti i comuni afferenti al territorio della Asl Roma F, per valutare le possibilità di manovra contro il blocco del turn-over.

Ospedali fantasma, ospedali al tracollo

A Genzano un centro di eccellenza privato dell’essenziale. Ad Albano il pronto soccorso esplode

La scena ricorda un celebre film con Alberto Sordi: si apre una porta e la suora, sconsolata, dice che non può accogliere il ferito grave: non ci sono posti, i servizi non funzionano, bisogna rivolgersi altrove. Non è un film purtroppo. È l’ex pronto soccorso dell’ospedale di Genzano, falcidiato dal piano di rientro ma qui al posto della suora ci sono infermieri volenterosi che, aprendo quella porta serrata da due anni, cercano di fare il possibile per evitare ai castellani la via crucis da una struttura all’altra. Si, perché in quel che resta dell’ospedale di Genzano ci sono un ottimo servizio di pediatria e i reparti di ostetricia e ginecologia. Il resto è vuoto pneumatico. Per il “primo” soccorso – assistenza di base priva di strumentazioni e interventi complessi – si deve arrivare ad Albano, a pochi chilometri che il traffico, spesso intenso nell’hinterland potrebbe rendere interminabili. E non solo. In quell’ospedale che ha assorbito tutta l’utenza dei vicini comuni, mancano almeno 5 medici e 7 infermieri che servirebbero per garantire i servizi minimi. Abbandono e sovraffollamento: i risultati di una razionalizzazione che forse meriterebbe più raziocinio.

 

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