Sanità e violenza: porre un argine con i nuovi contratti
Venerdì 11 marzo, primo pomeriggio. Davanti al complesso monumentale dell’ospedale San Giovanni di Roma, una muraglia umana si erge a difesa della propria dignità. Denota imponenza e solidità, compattezza e tenacia. Sono 100 professionisti, tra medici, infermieri, operatori sociosanitari, funzionari amministrativi con camice e maglietta su cui è impresso un motto inequivocabile: “contro la violenza”, ripreso, in basso con tanto di hastag. Inizialmente immobili, a evidenziare il gelo della paura che ti assale in presenza di un aggressore, si sciolgono in un liberatorio applauso che esprime vicinanza a chi, per garantire cure e assistenza, si è ritrovato vittima di rabbia e frustrazioni. Violenza in ospedale, una vera e propria escalation. Minacce, insulti, vere e proprie aggressioni fisiche, purtroppo sempre in agguato, specie nei reparti di emergenza, diventano oggi allarme sociale: uno stillicidio che deve essere fermato, un clima in cui i camici bianchi, in prima linea nell’emergenza Covid, sono passati da eroi a vittime. Un grido d’allarme recepito dal ministero della Salute che quest’anno, per la prima volta, ha celebrato la “Giornata contro la violenza sugli operatori”. Dai dati Inail, risulta che circa la metà delle aggressioni nei confronti del personale sanitario in tutta Italia è rivolta agli infermieri, con una triste stima pari a circa 13 violenze al giorno, per un totale di 5000 brutalità commesse ogni anno. Il numero più allarmante riguarda le aggressioni fisiche, che assommano, più o meno a 2900 casi: semplicemente intollerabile. Si va dalle “promesse” di vendetta di pazienti barellati a veri e propri assalti di parenti imbufaliti, schierati in massa ai cancelli degli ospedali, in attesa del fine turno dei malcapitati operatori. E proprio al San Giovanni si è verificato, pochi mesi fa, un raccapricciante episodio di violenza nei confronti di un’infermiera del pronto soccorso da parte di un paziente in stato di agitazione. “Occorre investire in comunicazione per ripristinare un clima di fiducia e di rispetto che nel tempo si è andato perdendo, stravolgendo l’approccio dei cittadini nei confronti di chi lavora nei nostri ospedali e strutture sanitarie”, ha dichiarato Tiziana Frittelli direttore generale dell’azienda ospedaliera. La stessa Frittelli che, in qualità di presidente di Federsanità e in collaborazione con Simeu, società italiana della medicina di emergenza/urgenza, ha promosso il premio “Curare la violenza”, che ha coinvolto un campione di 90 aziende sanitarie ed ospedaliere in 17 regioni, realtà in cui si applicano “buone pratiche” con soluzioni che diminuiscono la conflittualità e avvicinano gli operatori ai cittadini. I vincitori saranno proclamati nel corso del congresso nazionale Simeu che si svolgerà a Riccione il prossimo 15 maggio. C’è poi una proposta innovativa e strutturale per arginare le violenze e arriva dalla prima riunione dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie, un organismo istituito con decreto del ministero della Salute del 13 gennaio 2022, previsto nella legge 113 del 2020 “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”. Si tratterebbe di inserire nei prossimi contratti collettivi del comparto e dell’area Sanità, una prescrizione sulla obbligatorietà della segnalazione di eventuali violenze subite dagli operatori alla procura della Repubblica da parte dell’azienda sanitaria scenario degli episodi. Ulteriore deterrente alle tendenze aggressive, potrebbe essere costituito dalla obbligatorietà della costituzione di parte civile dell’ospedale, a tutela dei propri dipendenti oggetto delle aggressioni. (Nella foto: il flash mob al San Giovanni)