Sanità, la grande tristezza
Il paragone potrà sembrare irriverente ma la decadenza della società romana, rappresentata nel film premio Oscar “La grande bellezza”, contrapposta allo splendore della città, ricorda molto il triste declino della nostra sanità. O meglio, della classe dirigente che la sanità ha amministrato negli ultimi trent’anni. Alla meraviglia per un servizio che l’Oms, organizzazione mondiale della sanità, nel 2000 classificò al secondo posto – salvo specificare che i quesiti furono posti agli esperti e non ai cittadini – si contrappone il desolante vuoto di idee, programmi, azioni di una classe dirigente che, a tutti i livelli, non si rivela in grado di gestire un sistema tanto complesso quanto indispensabile alla collettività, nel rispetto del diritto alla salute costituzionalmente garantito. Di “destrutturazione del sistema” ha parlato lo stesso presidente Zingaretti, in occasione dell’inaugurazione della nuova clinica odontoiatrica del Policlinico Umberto I, ribadendo che sul rispetto dell’articolo 32 della Carta non si può transigere. La maximulta che l’Antitrust ha comminato alle multinazionali del farmaco Roche e Novartis rappresenta un altro aspetto dello sfaldamento. Grati debbono essere i cittadini, gli amministratori e gli operatori sanitari alla Società Oftalmologica italiana che per prima ha messo in crisi l’occulto sistema a vantaggio del profitto sulla pelle dei malati. Lo smarrimento che coglie i cittadini che entrano in ospedale, che fanno la fila a uno sportello Cup, che cercano di districarsi tra le pratiche burocratiche imposte dalle Asl potrebbe essere paragonato all’inconsistenza delle errabonde notti di Jep Gambardella, scrittore fallito protagonista del film. La rappresentazione di una decadenza da cui non si vede via d’uscita. Uguale pessimismo pervade ormai tutti i protagonisti della sanità regionale e non solo. Ce la faremo a risalir la china? Può darsi, a patto che ci si armi di coraggio e di onestà intellettuale per ammettere, una volta per tutte, che la modifica del Titolo V della Costituzione va riconsiderata, come va rivisto il modello aziendalistico che tanti danni ha prodotto senza risolvere alcun problema. Attenta riflessione poi va riservata ad opere, progetti, investimenti previsti nella Regione Lazio. Nel suo intervento all’Umberto I, Nicola Zingaretti ha annunciato con grande enfasi il progetto di un nuovo policlinico al Tiburtino, nelle aree ferroviarie destinate all’alta velocità, coniugando il binomio treno-ospedale. Forse una buona idea, legata all’immediatezza, alla modernità, al centro scientifico per antonomasia, in grado di attrarre pazienti da tutta Italia. Se non si provvede però, nell’immediato, a sanare le nostre strutture fatiscenti, a ripensare il ruolo di grandi ospedali come il San Giacomo e il Forlanini, a realizzare piccole opere utili per tutti, quei treni del Tiburtino, come i trenini improvvisati nelle feste di Jep Gambardella “non porteranno da nessuna parte”.