Sanità, l’apoteosi delle grandi opere

Layout 2Un direttore che lamenta carenza di organico, difficoltà nell’assicurare prestazioni, problemi strutturali della propria azienda, impossibilità di garantire le prestazioni in tempi accettabili non fa quasi mai notizia. Numerose sono state, negli anni lettere, invocazioni, richieste, minacce trasmesse agli ermetici uffici di via Rosa Raimondi Garibaldi a quello che un tempo fu un assessorato regionale e oggi è una “cabina di regia”. Nulla è trapelato sui nostri organi di stampa. Nessuno si è sentito in dovere di appoggiare quelle sacrosante istanze, di sostenere quelle suppliche presentate specie in difesa della salute dei cittadini. Un direttore che decide di ristrutturare un ospedale, di realizzare una nuova struttura o di inaugurare un qualsiasi servizio, un’ala di ospedale o un piccolo settore o laboratorio, riempie le prime pagine di cronaca dei quotidiani. Anche in sanità il mattone coinvolge. Con l’articolo 20 della legge 67 del 1988 “Interventi di edilizia sanitaria e adeguamento tecnologico”, nei nostri ospedali si è fatto di tutto e di più. Poi sono venute fuori altre leggi, ulteriori investimenti. Opere essenziali, utilissime, determinanti ma anche il superfluo. Non solo il necessario: il superlativo. Ospedali sapientemente rinnovati e ospedali perennemente sfregiati. Tipologie edilizie rispettate e obbrobri inspiegabilmente autorizzati, perfino in nosocomi tutelati dalla soprintendenza ai Beni architettonici. Chi ha controllato? Chi ha verificato? Chi ha bilanciato l’utilità delle realizzazioni agli effettivi costi sopportati? Possiamo toccare con mano numerosi esempi di strutture sovradimensionate con finanziamenti spesso ottenuti invocando il carattere dell’emergenza mentre altre, magari attigue, cadono in pezzi. Possiamo raccontare di tipologie edilizie totalmente stravolte, di ospedali in cui sono spariti i viali di accesso ai reparti, in cui sono state abbattute centinaia di alberi pregiati. Come se il benessere di una passeggiata nel verde per i degenti fosse un aspetto di secondo piano. Possiamo narrarvi di sotterranei ristrutturati ben quattro volte nell’arco di poco tempo, così come molti padiglioni di storici nosocomi. Spesso, a ristrutturazioni avvenute, ci si accorgeva di non aver realizzato il sistema antincendio così, tutto giù di nuovo e nuova ristrutturazione. Possiamo anche raccontare di alcuni componenti della commissione edilizia regionale che qualche anno fa, piuttosto che avallare impresentabili operazioni si sono dimessi, rinunciando a gettoni e prebende. Adesso, qualche direttore illuminato cerca di salvare il salvabile mentre altri, all’idea di procedere con ulteriori ristrutturazioni sono già all’acme dell’eccitazione. E i posti letto scendono inesorabilmente. I conti non tornano. Anzi, per qualcuno tornano fin troppo bene.

 

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