Sanità lazio: nuovi programmi operativi illustrati da Bissoni in commissione regionale

Presentati lo scorso 4 aprile dal subcommissario per l’attuazione del piano di rientro Giovanni Bissoni, i programmi operativi del triennio 2016-2018, corposo documento in cui sono indicate priorità di intervento, obiettivi, azioni e programmi da attuare nelle aziende del Servizio sanitario regionale. Durante l’audizione in commissione Politiche sociali e sanità della Pisana, l’architetto Bissoni – con notevole esperienza amministrativa nel campo sanitario, maturata per decenni nella Regione Emilia Romagna – ha messo in luce gli sforzi compiuti dalla Regione Lazio per la  Giovanni-Bissoniriduzione del costo del personale, pari a 269 milioni in meno nel 2014 ossia il 9,3 per cento di contrazione in dieci anni. Non ha mancato il sub commissario, di rimarcare l’effetto del blocco del turn over per gli anni 2007-2015 (riduzione di 9.035 unità), sollecitando una flessibilità progressiva nelle assunzioni, secondo necessità aziendale, nel rispetto del budget concordato. Il tutto per  migliorare i servizi nel rispetto dell’equilibrio economico-finanziario che la sanità “aziendalizzata” impone, mettendo a dura prova le esigenze di salute dei cittadini. Bissoni ha fatto leva su  imprescindibili parole d’ordine obbligatorie nell’agenda dei direttori generali di Asl e ospedali: appropriatezza clinica e organizzativa, equità nell’offerta, integrazione di servizi sanitari e sociali, efficienza organizzativa, miglioramento degli esiti di salute, multidisciplinarietà attraverso “modelli di rete” in grado di assicurare la presa in carico del paziente. Coniugata a tutto questo, dovrà essere l’umanizzazione dell’assistenza, valore che spesso, inseguendo il pareggio di bilancio è andato man mano scemando. Filo conduttore dei programmi operativi del prossimo triennio, è l’ospedale organizzato secondo il cosiddetto modello a  “intensità di cura”, di difficile attuazione in quanto separa il percorso dell’emergenza da quello dell’elezione. Non tutti, nelle regioni in cui è applicato (Toscana, Emilia Romagna), sono concordi nei giudizi: assistere i pazienti non più secondo la specialità medico/chirurgica ma in base alla gravità del caso rappresenta una rivoluzione copernicana che molte realtà non sono ancora pronte ad accettare.

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