Urge sicuramente adeguare il finanziamento del Servizio sanitario nazionale allo standard dei Paesi europei, che in media è dell’8% del Pil contro il nostro striminzito 6,2  che dovrebbe, con molti sforzi, arrivare al 6,8. La stessa segretaria del Pd Elly Schlein, nel luglio scorso ha presentato una proposta di legge che prevede, per i prossimi cinque anni, un incremento graduale dei fondi al Servizio sanitario nazionale, fino a raggiungere nel 2028 un finanziamento non inferiore al 7,5% del Pil, ben consapevole però che al momento non esistono coperture. Ma è lo stesso ministro della Salute Orazio Schillaci a sostenere ai microfoni di La7 – nel programma “Coffee Break” dell’8 ottobre – che una percentuale adeguata sarebbe del 7%, quei punti in più che consentirebbero al nostro Paese di mettere al sicuro una sanità che è comunque, secondo il ministro “è molto apprezzata all’estero”. Così, il titolare del dicastero di lungotevere Ripa entra subito nel tema del prossimo G7 salute, una tre giorni dal 9 all’11 ottobre, in cui i ministri della Salute del consesso internazionale si confronteranno su vari temi. Argomenti principali, come era prevedibile, i programmi di prevenzione, per rendere più sostenibili i sistemi sanitari, l’aiuto ai paesi in via di sviluppo e il cosiddetto approccio “One Health”, così prezioso per i vertici Ue, che consiste nella promozione di una visione integrata e olistica di salute umana, animale e ambientale, perfettamente in linea con le politiche di transizione ambientale e digitale, fortemente sostenute da Bruxelles. Altro tema scottante, divenuto allarme internazionale è la resistenza agli antimicrobici (AMR), la capacità dei microrganismi di resistere ai trattamenti antimicrobici. L’uso scorretto o l’abuso di antibiotici sta provocando la conseguente perdita di efficacia delle terapie con gravi rischi per la salute pubblica. Un nuovo studio pubblicato sull’autorevole rivista scientifica The Lancet, prevede che oltre 39 milioni di persone potrebbero morire a causa di infezioni resistenti agli antibiotici entro il 2050 per cui il tema diventa sempre più un problema di salute globale. Tornando a casa nostra, l’assicurazione che il ministro Schillaci dà, relativa alla necessità di un piano pluriennale di assunzioni di professionisti, in un Servizio sanitario da rendere di nuovo attrattivo attraverso vari incentivi – defiscalizzazione, adeguamento degli stipendi e gratifiche varie – ha suscitato pareri opposti tra i camici bianchi. Da una parte, si sostiene che l’inserimento di una flat tax del 15% sull’indennità di specificità dei medici, oggi al 43%, sia una ipotesi non risolutiva mentre tale possibilità è vista come “una ottima notizia” da parte del sindacato Ugl Salute, il cui segretario nazionale Gianluca Giuliano sostiene che, se confermata in Manovra finanziaria “sarebbe in linea con una nostra richiesta, formulata da tempo, in cui proponevamo un’aliquota unica del 10%, per andare a incrementare gli emolumenti degli operatori sanitari. Chiediamo però uno sforzo – continua il sindacalista – perché i vantaggi fiscali vengano estesi alla totale platea dei professionisti del settore, solo con una equa redistribuzione delle risorse tra tutti i protagonisti in campo si possono affrontare le difficoltà della sanità italiana”. L’esortazione si accompagna alla reiterata richiesta, da parte dei vertici Ugl, del potenziamento degli organici al fine di garantire ai cittadini la certezza di cure e assistenza adeguate.

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