Chiuso il capitolo dello sciopero, le organizzazioni sindacali annunciano altre due agitazioni a gennaio. Tempi duri per i cittadini. E mentre il ministro della Salute Orazio Schillaci continua a rivendicare le cospicue risorse destinate alla sanità dal governo Meloni e a raccomandarne l’uso oculato, i rappresentanti dei sindacati medici insistono sui “mancati investimenti, sulla carenza di una strategia seria che proponga scelte importanti”. Queste le voci che provengono dalla piazza. Un piccolo slargo intitolato alla nobile famiglia Castellani che il 18 dicembre medici, farmacisti, psicologi, biologi, veterinari hanno facilmente riempito, rivendicando la “valorizzazione del lavoro medico per scongiurare la fuga nel privato”. Un privato che prende sempre più piede, con sanitari sempre più attratti e regioni che si affidano all’imprenditoria sanitaria per sopperire alle carenze del pubblico. Ė questo uno degli argomenti rilanciati dai consiglieri della Regione Lazio Mario Ciarla, capogruppo Dem ed Eleonora Mattia, presidente del Comitato regionale di controllo contabile. In un ordine del giorno alla legge di bilancio della Pisana, gli esponenti del Pd hanno chiesto “l’impegno della giunta Rocca a promuovere presso il Governo nazionale, l’aumento in manovra delle risorse per il Sistema sanitario nazionale al 7,5% del Pil, con un incremento di circa 20 miliardi complessivi in 5 anni (2023-2027)”. La richiesta, per i firmatari, si fonda sul rispetto degli standard indicati dall’Ocse per garantire il fabbisogno di risorse umane e i livelli assistenziali ed evitare ulteriori ricadute negative sulla sanità pubblica di Roma e del Lazio. Una regione su cui incombe il pericolo di una carenza insanabile di medici di famiglia, secondo le stime della Fondazione Gimbe – medicina basata sulle evidenze – che stima che entro il 2025 il Lazio avrà il minor numero di camici bianchi di tutta Italia. Una deriva denunciata dai consiglieri, “che potrebbe condurci a una società in cui solo chi potrà pagare potrà accedere a cure dignitose”. Conseguenza di un decennio di tagli lineari e soppressione di servizi – nel Lazio 3.600 posti letto in meno e 16 ospedali chiusi – che sarà difficile recuperare in tempi brevi.

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