Sanità sostenibile. Salute bene di lusso
Secondo il rapporto Oasi 2014 di Cergas – Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale – e Scuola di Direzione Aziendale Bocconi presentato lo scorso 24 novembre, la sanità italiana ha i conti a posto. Ma ora che il deficit è azzerato, comincia la parte più difficile: riorganizzare i servizi allineandoli all’epidemiologia emergente. Questa è la sfida che attende il Servizio sanitario nazionale e le aziende sanitarie devono giocare un ruolo centrale. Per la prima volta in quasi 20 anni, la spesa pubblica in sanità nel 2013 è diminuita, sia in termini assoluti sia in rapporto al Pil. Il disavanzo si è ridotto a circa l’1% della spesa corrente e anzi, se si contabilizzano le addizionali Irpef incassate nell’anno successivo a ripiano del deficit dell’anno precedente, si può addirittura contabilizzare un avanzo di 518 milioni nel 2012 e di 811 milioni nel 2013. Ma ora che il deficit è azzerato, comincia la parte più difficile. “Le aziende sanitarie hanno compiuto un piccolo miracolo: pareggio di bilancio e assenza di incremento di spesa da cinque anni con una sostanziale tenuta del sistema, nonostante l’invecchiamento della popolazione, il peggioramento epidemiologico, le nuove tecnologie e l’incremento della povertà”, hanno affermato i curatori del rapporto Elena Cantù e Francesco Longo. “Il sistema è ora pienamente sostenibile ma il miglioramento dei conti non è senza costi. Il Sistema sanitario nazionale ha visto ridursi le spese per il personale interno negli ultimi tre anni, causa blocco del turn over, degli stipendi e dell’affidamento di molte attività alle cooperative sociali appaltate dall’esterno.
Il contenimento della spesa è avvenuto anche attraverso forme di razionamento quali le liste di attesa o i tetti alle prestazioni dei privati accreditati, con grave pregiudizio dell’equilibrio economico di tali strutture, utilizzate solo al 70% della propria capacità. Gli italiani ormai considerano la salute come bene di lusso e hanno tagliato le spese in sanità. A minore spesa pubblica non corrisponde maggiore spesa privata, che è diminuita. All’indomani dell’introduzione del superticket sulla specialistica, nel 2011, la domanda di prestazioni si è notevolmente ridotta. Nel clima economico attuale, evidenzia infine il rapporto, si è notevolmente ridotta la capacità di investimento del Sistema sanitario nazionale, che oggi è pari al 5% della spesa sanitaria corrente. Se, ad oggi, l’Ocse valuta positivamente lo stock tecnologico della sanità italiana, è chiaro che il dato suggerisce incerte prospettive per il futuro.