Sanità violenta: “I lavoratori non denunciano più”
Aggressione San Camillo: “Applicare gli strumenti a disposizione. Non c’è più tempo da attendere”
“Ferma condanna per l’aggressione a personale del San Camillo di Roma. Intervenire per evitare nuove tragedie”. Ė perentorio il comunicato di Gianluca Giuliano, segretario nazionale della Ugl Salute e Lucia Bellistri, referente Ugl Salute del nosocomio capitolino. La solidarietà espressa dai sindacalisti, in una dura nota, è riferita all’increscioso episodio, fortunatamente questa volta senza danni fisici, verificatosi nel reparto di Medicina interna dell’ospedale sulla Gianicolense il 4 marzo, quando due persone, spacciandosi per parenti di un ricoverato, pretendevano di consultare la cartella clinica del degente. Un documento riservatissimo e non consultabile in circostanza di ricovero, di cui può ottenere copia, dopo circa un mese, il malato una volta dimesso o un suo congiunto previa esibizione di delega e copia del documento del ricoverato. Così è scattato l’agguato nei confronti di un medico e tre dottoresse, affrontati con insulti e minacce e chiusi con violenza in una stanza, salvati poi dalle forze dell’ordine accorse tempestivamente sul luogo dell’aggressione. Ferma condanna del direttore generale del San Camillo Angelo Aliquò che ha dichiarato “tolleranza zero” su tali episodi e avanzerà subito regolare denuncia. Analoga condanna da parte di Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei Medici di Roma e provincia. “Non lasciamoli soli”, ha esortato, considerato che cominciano a essere molti i sanitari che evitano di denunciare, forse per paura di ritorsioni. Apprezzano la decisione di Aliquò di denunciare, i sindacalisti Ugl: “È quello che ogni Azienda dovrebbe fare al verificarsi di aggressioni ai danni del proprio personale” dichiarano all’unisono. Resta aperto il tema della sicurezza dei professionisti: nel Lazio il 2024 ha visto in totale 133 aggressioni e chi ne fa le spese, nella maggior parte dei casi, sono le donne. Giuliano e Bellistri ricordano inoltre la morte, due anni fa a Pisa, della psicologa Barbara Capovani, uccisa da un paziente, rammentando che da allora le violenze si sono moltiplicate. Chiedono per questo, senza attendere ulteriormente, “di applicare gli strumenti giuridici legislativi a diposizione, accelerare la riapertura in tutti gli ospedali italiani, dove non sia già avvenuta, dei posti fissi di polizia aperti 24 ore su 24 e dare forza ai supporti tecnologici, come videosorveglianza e braccialetti antiaggressione in dotazione al personale”. Uno sforzo che da più di un anno il nostro ministero dell’Interno sta attuando, nonostante le scarse risorse umane a disposizione e che, evidentemente, non basta a fermare la brutalità dei nostri tempi.