Santa Lucia, si alza la temperatura per la vertenza che vede al centro l’Istituto romano di via Ardeatina. Dopo il passo indietro dei vertici della omonima Fondazione, che intendono alienare la struttura per il tramite del Tribunale di Roma “attraverso una procedura pubblica e trasparente decisa e vigilata dai giudici”, scrive in una lettera il direttore generale della Fondazione Edoardo Alesse, i lavoratori, sostenuti dai sindacati, hanno proclamato lo stato di agitazione in una assemblea convocata il 28 agosto, annunciando una fiaccolata che si svolgerà il prossimo 4 settembre, con modalità che saranno presto definite. Il contenzioso, tra l’Istituto per la neuroriabilitazione, che va avanti ormai da due decenni, è legato a un problema di remunerazione delle prestazioni della struttura accreditata dalla Regione Lazio, i cui rimborsi non sarebbero adeguati alla complessità delle attività svolte dagli specialisti della neuroriabilitazione. Dal 2014, tra la Regione Lazio e i vertici dell’Istituto è in corso un confronto dialettico che non vede soluzione, nonostante la competenza e l’abilità del compianto direttore generale Luigi Amadio che guidò l’Istituto verso ambiziosi traguardi nel campo dell’assistenza e della ricerca. Le tappe del dissidio sono impietose: nel giugno 2016 da 90 prestazioni garantite in day hospital si passò a sole 40 con grave pregiudizio di pazienti con lesioni neurologiche, vittime di incidenti o di pregresse patologie altamente invalidanti come l’ictus, le lesioni cerebrali e i gravi incidenti, per cui la riabilitazione è indispensabile. Nel 2017, con il decreto numero 111 dell’allora commissario ad acta Nicola Zingaretti, una ricognizione di dare e avere, emerge un debito di più di 12 milioni di euro della Fondazione nei confronti della Regione Lazio, una esposizione che il Santa Lucia nega, tanto da adire alle vie giudiziarie, con l’Istituto sempre vincente in tutti i gradi di giudizio. Nell’estate del 2018, si arriva alla revoca dell’accreditamento di 177 posti letto, una situazione che mette in ginocchio l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), con l’opposizione di centrodestra in Consiglio regionale che attacca la giunta Zingaretti. E ora, a parti ribaltate, il debito di 300 milioni contro una produzione annua d’impresa di soli 100 ha fatto scattare l’allarme, per una situazione che sembra irreversibile. “Non arretreremo di un millimetro – ripetono gli esponenti sindacali nel corso dell’assemblea del 28 agosto – chiediamo alla proprietà di aderire alla procedura di amministrazione straordinaria per superare la crisi e difendere gli oltre 800 posti di lavoro messi in serio pericolo, insieme all’assistenza a pazienti estremamente fragili e bisognosi di cure”. E ora, la parola, spetta al prossimo Consiglio di amministrazione, convocato a breve e, soprattutto, al tavolo ministeriale del prossimo 5 settembre, che si riunirà al dicastero delle Imprese. Dopo la fiaccolata che, simbolicamente, dovrebbe illuminare la visione delle parti in causa.

 

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