Santa Maria della Pietà, progetti ancora lontani

Le elezioni amministrative del prossimo ottobre stanno influenzando un po’ tutti gli eventi romani. A tale regola non si sottrae il complesso del Santa Maria della Pietà, la storia infinita. Uno dei regali di riforme indovinate negli intenti e mal attuate nella pratica. Ė il 1978, con la legge 180, nota come Basaglia, si sancisce la chiusura dei manicomi e la presa in carico degli ospiti da parte dei servizi territoriali: un buco nell’acqua. Ciò non impedisce, molti anni dopo, di smantellare e chiudere – siamo nel 1999 – lo storico ospedale psichiatrico di Monte Mario che da allora assiste a un calvario di progetti falliti, promesse non mantenute, piani irrealizzabili e spettacolari, quanto inutili, annunci di riconversione. L’ultimo, a quattro mesi dalla elezione del nuovo sindaco di Roma, è arrivato il 31 maggio dagli uffici del Campidoglio ed è relativo alla approvazione dello “Schema di assetto preliminare del progetto urbano della centralità Santa Maria della Pietà”, praticamente il nulla. In sintesi: con il Piano regolatore licenziato dalla giunta Veltroni nel 2008, si affidò agli imprenditori del mattone la possibilità di pianificare senza troppi problemi attraverso le cosiddette “centralità urbane”, luoghi disseminati sul territorio al di fuori dal centro cittadino, attrattori di varie funzioni e facilmente sfruttabili per progetti edificatori o di “rigenerazione” dell’esistente. Dopo varie battaglie di cittadini, comitati, associazioni contro la proposta di ricreare nel complesso nuove strutture sanitarie, con il sospetto che fossero a vocazione psichiatrica, si arriva nell’agosto 2018 alla firma di un protocollo di intesa tra Roma Capitale, Regione, Città Metropolitana e Municipio XIV per la realizzazione della cosiddetta “Centralità urbana Santa Maria della Pietà per la riqualificazione dell’area e la valorizzazione della sua funzione pubblica e socio-culturale”. Si tratta di destinare lo spazio a servizi pubblici e universitari, sfruttando le peculiarità del luogo con lo strepitoso parco, sensibilizzandone l’uso turistico e ricettivo. La realtà si presenta però in modo diverso tanto che, a tutt’oggi, decisioni regionali “controcorrente” hanno consentito la cessione del 78% degli edifici alla Asl Roma 1 che intende utilizzarli a scopi sanitari. Per questo i vari comitati cittadini, che si oppongono a tale determinazione, hanno presentato ricorso al Tar e promuovono periodiche azioni di mobilitazione, chiedendo il rispetto di leggi nazionali (la 388 del 2000) atte a finanziare i servizi di salute mentale e il prevalente uso socioculturale del complesso, come previsto dalla delibera 40 del 2015 votata proprio dal Campidoglio. Lo “Schema di assetto” siglato di recente, non è altro che una mera elencazione delle funzioni da assegnare al nuovo spazio rigenerato, in particolare al parco, senza previsioni di spesa, stanziamenti e tempi di realizzazione. Un po’ poco per i cittadini che attendono da anni.   

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