Segnali che riaccendono una vita

Sulla porta di ogni stanza c’è una farfalla di tanti colori con le ali trasparenti. Ė l’immagine della speranza, della vitalità, il desiderio di riprendere il volo.
Sono otto pazienti, monitorati 24 ore su 24, assistiti amorevolmente dai parenti in quella che è una casa famiglia: mensa, palestra, salottini con stereo, tv e marchingegni elettronici di ultima generazione con filmati e immagini che racchiudono i momenti più emozionanti della loro esistenza. Presto diventeranno 30. Ritorno alla vita dopo il coma: il confine è sottile, le differenze labili tra stato vegetativo e minima coscienza.
Nell’esperienza medica circa il 40 per cento delle diagnosi si sono rivelate errate. Tutto si basa sull’osservazione ripetuta e prolungata di un’equipe formata da neurologo, neuropsichiatra, fisiologo, infermiere, fisioterapista, logopedista.

L’ospedale Forlanini, minacciato per anni di chiusura riprende vita simbolicamente da qui, da un modernissimo reparto che “rappresenta una delle eccellenze della sanità del Lazio”, per il ministro Fazio. Con la possibilità che il nosocomio di Monteverde riacquisti quota grazie a servizi sanitari necessari alla cittadinanza.
Ė dalle iniziali reazioni emozionali di pianto o sorriso, dal riconoscere una voce familiare, dal prendere e agitare un oggetto in modo significativo che si riaccende la speranza.
Non si può fare una diagnosi di questo tipo passando velocemente accanto al letto durante la visita, senza dedicare all’assistito il tempo necessario. Si tratta di persone che possono modificarsi da un’ora all’altra nella stessa giornata e da un giorno all’altro. Il coinvolgimento del familiare nell’alleanza terapeutica con l’equipe riabilitativa è estremamente importante. Le prime ad accorgersi di un iniziale contatto con l’ambiente sono le persone care.
Ci sono pazienti che non rispondono minimamente alla voce neutra dei sanitari: non ha nessun significato emozionale per loro. Al contrario, reagiscono se è la mamma o una persona amica a fare richieste. Così, il primo reparto in una struttura interamente pubblica, unico nel suo genere in Italia, al di là dell’ufficialità delle grandi occasioni, sta a dimostrare che la sanità del Lazio, con cure amorevoli e una costante attenzione, si può risollevare.

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