Storia del mal sottile di poveri e agiati

forlanini storicaDal professor Luigi Gagliardi, stimato professionista, autore del volume “Cinquanta anni di chirurgia toracica al Forlanini”, riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il nome Forlanini un tempo evocava, oltre a tristi reminiscenze, una considerazione di eccezionale importanza in Italia e all’estero, al punto da essere definito “Il Campidoglio della Tisiologia”. Allora il suo compito principale era lo studio e il trattamento della tubercolosi, nota fin dalla più remota antichità in tutte le sue forme, soprattutto le cavitarie polmonari, che costituivano uno degli aspetti più gravi e inquietanti della malattia. Alla gravità delle manifestazioni, che caratterizzava anche le forme miliariche e quelle renali ed ossee, aggiungeva la pericolosità legata all’espettorato bacillifero e al conseguente pericolo di contagio, per non parlare del rischio di emottisi. A Eugenio Morelli allievo di Carlo Forlanini – l’inventore della collassoterapia mediante il pneumotorace terapeutico – e sistematore oltre che diffusore del metodo, si deve l’idea di costituire questo importante centro che, sotto la sua guida servì da pilota alla realizzazione di una vasta rete di centri consimili, primo esempio in Italia e nel mondo, di una rete ospedaliera statale a dimensione nazionale e a distribuzione regionale. Va richiamata l’attenzione sul fatto che la tubercolosi a quel tempo rappresentava una condizione personale e sociale tanto grave che, quando si voleva alludere a un soggetto colpito dalla malattia, non si diceva che era tubercolotico. Si diceva, o piuttosto si sussurrava che era “malato”. Il noto farmacologo Silvio Garattini, in una recente trasmissione televisiva ha ricordato “che si aveva paura persino a parlarne”. I vecchi medici, riferendosi all’incontro con questi pazienti, dicevano: “arriva prima la tosse e poi il malato”. La Tbc non era una malattia, era la malattia per eccellenza, al punto da diventare l’affezione dei protagonisti dei romanzi, delle novelle, dei libretti d’opera. Riguardava vasti strati della popolazione ove erano presenti non solo i ceti più indigenti ma personaggi dotati di agiatezza, se non proprio ricchezza.

1 – continua

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