Suicidio assistito: “Decida il Parlamento”
Dopo la Toscana il Lazio e altre nove Regioni intendono approvare norme in materia
Ha sempre precorso i tempi, la Toscana, sui temi della morte e della vita. Era il 30 novembre 1786 quando Pietro Leopoldo di Lorena promulgò la Riforma penale, una legge con cui per la prima volta al mondo fu abolita la pena di morte, collocando il granducato tra gli stati virtuosi. E oggi la stessa Toscana gioca d’anticipo sulle altre Regioni italiane in senso contrario, surclassando anche il Parlamento, unica assise a cui competerebbe legiferare in materia di suicidio assistito. Con l’approvazione della norma che consente tale pratica, la regione amministrata da Eugenio Giani fa da apripista e dà il via a quella che potrebbe rivelarsi una applicazione della legge a macchia di leopardo, con possibili disparità tra un territorio e l’altro. Paradossalmente, coloro che si battono contro l’autonomia regionale, in questo caso la utilizzano appieno, interpretando in modo estensivo quanto stabilito in materia da due sentenze della Corte costituzionale – la 242/19 e la 135/24 – facilitando per le Asl, il percorso che guida all’accompagnamento al fine vita. Da tempo è ferma al Senato la proposta di legge che vede, quale primo firmatario Alfredo Bazoli (Pd) “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita” ma i lavori vanno a rilento così le Regioni si muovono per adottare propri regolamenti, in nome di quella autonomia che tante di loro, in altri casi, contestano. Tra queste il Lazio, dove le opposizioni hanno chiesto di mettere in calendario la discussione della proposta di legge sul suicidio assistito presentata più di un anno fa, provocando la reazione della maggioranza, che ha abbandonato l’Aula nel corso della discussione sull’ordine dei lavori. Una decisione contestata dalle opposizioni che, in un comunicato congiunto attaccano i partiti di maggioranza, denunciando “una preoccupante indifferenza che ignora le necessità di chi soffre e desidera poter esercitare il diritto all’autodeterminazione”. Chi contesta tale norma, al contrario, si sta muovendo per sostenere la piena applicazione della legge numero 38 del 2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, una modalità assistenziale che rappresenta un diritto inviolabile del cittadino che si trovi in condizioni di salute irreversibili.