Tbc/1: “Si riaffaccia ma niente allarmismi”
Risale al 1927 il provvedimento che istituiva obbligatoriamente, in tutti i capoluoghi di provincia italiani i Consorzi antitubercolari, presidi di coordinamento di una articolata rete assistenziale che inglobava ospedali sanatoriali, dispensari, case di cura e colonie permanenti per la lotta alla “peste bianca”. E’ la mutazione dell’immagine romantica dell’eroina ottocentesca sconfitta dal mal sottile: la tubercolosi negli anni Venti è un vero e proprio flagello e il regime fascista fa di tutto per mobilitare lo Stato, la scienza, le istituzioni di assistenza e previdenza nella lotta contro il male. E’ dello stesso anno l’assicurazione obbligatoria che permette di far affluire risorse, consentendo di affrontare in modo sistematico un problema sociosanitario gravissimo. Le cifre terribili dei contagiati e dei morti non consentivano esitazioni; furono attuate svariate iniziative per la raccolta di fondi, tra cui l’emissione di francobolli con sovrattassa e l’istituzione delle giornate nazionali dedicate. Iniziò così una imponente opera di realizzazione di ospedali sanatoriali per 20 mila posti letto. A Roma, in particolare, grazie allo stanziamento di 3 milioni di lire da parte della Confederazione fascista degli industriali fu creato l’Istituto Benito Mussolini per lo studio e la terapia delle malattie polmonari – oggi ospedale Carlo Forlanini – allora diretto da Eugenio Morelli, allievo dello stesso Forlanini inventore, nel 1882 dello pneumotorace. I risultati di tale massiccio intervento, sono sintetizzabili nelle statistiche che vedono in dieci anni, a partire dal 1924, la mortalità più che dimezzata. A partire dagli anni Cinquanta, con la scoperta dei farmaci che sembravano aver debellato la patologia, “Tuberculosis is curable and preventable” divenne lo slogan ricorrente nelle campagne di prevenzione ma, poco più di quaranta anni dopo, un nuovo ceppo resistente ai principali farmaci torna a far alzare la guardia. Risale al 1993 l’allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla recrudescenza della tubercolosi, indicata dalla stessa organizzazione come grave problema di sanità pubblica a livello globale. Fortunatamente in Italia la variante multiresistente è ancora contenuta rispetto ad altre realtà presenti nell’Europa dell’Est e in Africa e l’incidenza della patologia, negli ultimi anni, è stata inferiore a 10 casi di malattia ogni 100 mila abitanti, con una punta minima di 7 infettati nel 2009.