Tbc/2: Santa Maria Goretti in prima linea

E’ una task force efficiente e collaudata quella contro la tubercolosi, attivata presso l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, reparto Malattie infettive diretto dal professor Claudio Mastroianni, docente del polo pontino dell’Università La Sapienza, che si avvale della collaborazione di altre unità operative ospedaliere e degli ispettori del dipartimento di Prevenzione della locale Asl. “La Tbc che sembrava scomparsa – spiega il professore – negli ultimi anni ha visto una recrudescenza, in particolare tra le comunità di immigrati che vivono in precarie condizioni igieniche e hanno un sistema immunitario fragile. Teniamo sotto controllo i soggetti a rischio, non solo giovani immigrati ma anziani e pazienti immunocompromessi. Nostro obiettivo è perfezionare lo screening per individuare le forme latenti della malattia. In questo è preziosa la collaborazione della Pneumologia ospedaliera e dei laboratori di microbiologia”.

A corredo dell’attività del centro, un nuovo test, derivante dal lavoro condotto da Mastroianni con la Dermatologia dell’ospedale Fiorini di Terracina, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “International Journal of Tubercolosis & Lung Disease”, che presenta una specificità più elevata rispetto al Mantoux largamente praticato, specie per la Tbc latente.

Amsi: “Primo rimedio la prevenzione”

Sono stati i primi a chiedere maggiore prevenzione contro la tubercolosi. I medici dell’Amsi, Associazione medici stranieri in Italia, attraverso il presidente Foad Aodi, che si batte contro “i pregiudizi e gli allarmismi con cui si guarda alla comunità di immigrati presenti in Italia”.

Piuttosto, come sostengono molti esperti pneumologi e tisiologi “sarebbe necessario approfondire la conoscenza del problema da parte dei medici, considerato che nel nostro Paese si stimano ritardi diagnostici in media superiori ai 2 mesi che, in alcuni casi possono arrivare ad anni”. Altro problema la mancanza di completamento della terapia nell’80 per cento dei casi. Una terapia lunga e complessa, con un mix di farmaci che provocano il 15 per cento di eventi avversi (epatiti, dermatiti, intolleranza gastrointestinale) in soggetti con complicanze associate. Spesso la sospensione delle cure è da attribuire alla mancanza di volontà di continuare quando si sta bene, tipica di giovani immigrati o alla negazione della malattia da parte degli anziani, timorosi del rifiuto sociale che la patologia potrebbe comportare.

Appare evidente perciò la necessità di nuovi protocolli terapeutici con farmaci più tollerati e cure più rapide.

Commenti Facebook:

Commenti