Cancro al polmone: osservatorio internazionale
Second International Summit on Lung Cancer organizzato all’Istituto Regina Elena di Roma
Dalla Direzione dell’Istituto per la cura dei tumori Regina Elena di Roma, riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Un osservatorio internazionale annuale sul tumore al polmone. Esperti mondiali provenienti dalle più famose istituzioni di riferimento per l’oncologia, si riuniscono ogni anno a Roma con l’obiettivo di discutere dei limiti delle attuali terapie e pianificare nuove strategie cliniche, al fine di rendere cronico un tumore insidioso e complesso come quello al polmone. L’iniziativa prende il via al secondo summit promosso da Federico Cappuzzo, direttore dell’Oncologia medica 2 dell’istituto dei tumori Regina Elena, che ha riunito i più autorevoli esperti provenienti dagli Usa all’Asia, dal Regno Unito a tutta l’Europa. Il gruppo di lavoro ha discusso, in una intensa attività di due giorni e a 360 gradi, tutte le possibilità più innovative per la diagnosi e la cura del tumore al polmone. Hirisch Fred del Tisch Cancer Institute at Mount Sinai di New York, Janne Pasi Antero del Belfer Institute for Applied Cancer Science di Boston, Leighl Natasha del Princess Margaret Cancer Centre, University of Toronto, Silvia Novello dell’Università degli Studi di Torino, Peters Solange del Département d’oncologie Unil Chuv di Lausanne, Soo Ross, del Department of Haematology-Oncology at the National University Cancer Institute di Singapore, Wu Yi-Long, del Guangdong Lung Cancer Institute, sono tra i principali esperti intervenuti al Summit. In Italia, il tumore al polmone è la seconda neoplasia più frequente negli uomini e la terza nelle donne, e causa un numero di decessi superiore a quello di qualunque altra forma di cancro. Le nuove diagnosi nel 2020* sono state circa 41.000 (uomini = 27.550; donne = 13.300). Nel 2021 sono 34.000 i decessi (uomini = 23.100; donne = 10.900) e la sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi si attesta al 16% negli uomini e al 23% nelle donne. (* dati Airtum/Aiom). Risultato ottimo se si pensa al solo decennio scorso ma non basta. Con la diagnosi precoce e le opzioni terapeutiche oggi a disposizione, è necessario rivoluzionare la diagnosi primaria e secondaria. È questo l’obiettivo dell’International lung cancer board observatory. Abbiamo due grandi categorie di tumore al polmone: a “Piccole Cellule” (Sclc) e “Non a Piccole Cellule” (Nsclc). Quest’ultimo rappresenta l’85% dei casi, di cui l’adenocarcinoma risulta il sottotipo istologico più diffuso. L’evoluzione della forma a piccole cellule è più aggressiva. È quindi differente l’approccio terapeutico per ogni tipologia. Ad esempio, la chirurgia difficilmente è considerata idonea nelle forme di tumore “a piccole cellule”, al contrario è indicata in casi selezionati del tipo “non a piccole cellule”. Insomma, per i due gruppi di neoplasia è molte volte diversa la prognosi, la terapia e perfino la correlazione col fumo di sigaretta. Nei carcinomi polmonari a piccole cellule, infatti, la correlazione con il fumo è molto più marcata. Al momento la maggior parte dei tumori polmonari è rappresentata dall’istologia non a piccole cellule. La percentuale dei pazienti in cui la neoplasia viene diagnosticata in stadio iniziale con indicazione ad intervento chirurgico è limitata. Un corretto screening ha dimostrato una riduzione della mortalità tumore-specifica con significativo aumento delle diagnosi in fase iniziale (dal 25% al 60%). Il ministero della Salute ha promosso e finanziato il progetto nazionale di studio per lo screening del tumore polmonare, che prevede la tomografia computerizzata a basso dosaggio per i soggetti ad alto rischio (forti fumatori: almeno 15 sigarette al giorno per più di 25 anni o 10 sigarette al giorno per più di 30 anni). Parallelamente si effettua una campagna educazionale volta alla cessazione del tabagismo in considerazione della relazione ormai ampiamente dimostrata tra fumo e sviluppo della neoplasia. L’Istituto Regina Elena partecipa al progetto denominato Risp (Rete Italiana di Screening Polmonare), che si svolge in 18 centri di eccellenza su tutto il territorio italiano ed è l’istituto con il maggio numero di volontari arruolati. In più, la biopsia liquida eseguita con un semplice prelievo di sangue, può essere un nuovo strumento diagnostico e può fornire importanti indicazioni per effettuare terapie “a bersaglio molecolare” in pazienti affetti da tumore polmonare non a piccole cellule. Inoltre, i risultati possono evidenziare durante l’impiego di determinate terapie i pazienti che vanno incontro a meccanismi di resistenza a certi farmaci ed infine, evidenziare mutazioni quando il classico e/o ulteriore prelievo di tessuto potrebbe essere troppo invasivo per il paziente. “Grazie all’introduzione dell’immunoterapia nel trattamento del tumore al polmone – evidenzia Federico Cappuzzo – si è modificata la storia naturale della patologia: elevata efficacia terapeutica ma con una tossicità limitata nella maggior parte dei pazienti e buona qualità della vita”. L’immunoterapia può essere utilizzata da sola o in associazione alla chemioterapia. Le indagini sulla presenza di mutazioni o alterazioni geniche consentono inoltre l’uso di “farmaci intelligenti” in grado cioè di agire su tali bersagli molecolari e interferire con l’attività delle proteine codificate dai geni mutati svolgendo così un’attività antitumorale. I geni per i quali esistono allo stato attuale dei farmaci ad attività mirata sono Egfr, Alk, Ros1, Braf e Ntrk ma ne restano ancora molti da individuare. I pazienti affetti da neoplasie con alterazioni a livello dei geni citati sono quelli che ottengono il maggior beneficio terapeutico e con un significativo prolungamento della sopravvivenza. L’introduzione delle terapie a bersaglio molecolare e dell’immunoterapia ha reso il tumore polmonare in fase avanzata sempre più curabile con dati di sopravvivenza nettamente superiori a quanto si riscontrava fino a dieci anni fa. Tali farmaci hanno la capacità di rallentare la crescita tumorale fino a raggiungere in alcuni casi una sorta di “cronicizzazione della malattia”. In aggiunta la chirurgia robotica, sempre meno invasiva e la radioterapia, anche con il sistema robotico di radiochirurgia Cyber-knife, si possono combinare per pianificare percorsi terapeutici strategici e personalizzati. Cosa resta da fare? “Individuare biomarcatori – spiega Gennaro Ciliberto, direttore scientifico del Regina Elena – che predicano quella che sarà la sensibilità del paziente al trattamento immunoterapico, per evitare terapie inutili; identificare con la ricerca traslazionale ulteriori geni e i relativi numerosi freni inibitori all’immunoterapia per sviluppare nuovi farmaci che li colpiscano; procedere con gli studi di valutazione sugli anticorpi monoclonali coniugati, i farmaci progettati per arrivare dritti al tumore con l’obiettivo di eliminarlo.” Gli anticorpi monoclonali rilevano infatti un punto debole sulla superficie della cellula tumorale, un varco non protetto, per rilasciare citotossine, migliaia di volte più potenti della chemioterapia standard, senza toccare o riducendo al minimo i danni ai tessuti sani; infine valutare l’efficacia di un innovativo vaccino sperimentale anticancro, basato su neoepitopi, combinato con chemioterapia o immunoterapia. “Tanto è stato fatto, soprattutto negli ultimi anni – conclude Federico Cappuzzo – e molto resta da fare per mettere a punto o affinare nuove terapie e l’International Lung Cancer Board Observatory si impegna ad accelerare i processi, affinché si possa cronicizzare il tumore al polmone”. Fiduciosi e ottimisti auguriamo buon lavoro all’International Board e attendiamo gli ulteriori risultati che ci porteranno gli esperti al prossimo summit.