Un patto rigoroso, con un occhio alla qualità

“In un momento di risorse limitate non abbassare il livello di qualità dell’assistenza sanitaria e non deprimere il Servizio sanitario nazionale, uno degli orgogli del Paese”. Questa la premessa del ministro Renato Balduzzi che si appresta a definire, entro il 30 aprile prossimo, il nuovo Patto per la Salute, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Nell’agenda del titolare del dicastero di lungotevere Ripa, la revisione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea) da garantire nel rispetto della compatibilità economico-finaziaria, cui fa da contraltare la rimodulazione dei ticket che, indipendentemente dall’età, dovranno essere aggiornati in base alla condizione socio-economica del nucleo familiare ed eventuali patologie o invalidità presenti. In particolare, la bozza del documento Nuovo Patto per la Salute, intesa ex art. 17 comma 1 Dl 98/2011, presentato dal ministro agli assessori alla Sanità regionali, si sofferma sulla spesa farmaceutica, sui risparmi derivanti dall’acquisizione di beni e servizi, sul personale e sugli investimenti legati alla necessità di adeguamento edilizio e tecnologico delle strutture, da assicurare con una tassa di scopo. Una cura da cavallo per la sanità martoriata. Risparmi per 7,5 miliardi tra il 2013 e il 2014 e introiti dalla compartecipazione alla spesa (ticket) per 2 miliardi a partire dal 2014. Il riparto delle spettanze del fondo sanitario tra le regioni, relativo al 2012, secondo le raccomandazioni ministeriali, dovrà essere completato “sulla base delle migliori pratiche degli anni precedenti” in quanto si tratta “dell’ultimo esercizio finanziario prima dell’attuazione del federalismo fiscale”. Altro elemento che potrebbe, se non ben governato, portare a una sperequazione nell’offerta di prestazioni, ovvero a una sanità differenziata in base alla situazione finanziaria di ciascun territorio. Sotto la lente d’ingrandimento del ministero i piccoli ospedali, da chiudere entro il 31 ottobre 2013 recuperando risorse in ordine all’acquisizione di beni e servizi; la spesa farmaceutica, il cui eventuale sforamento – suddiviso tra territorio e ospedale – sarebbe a carico delle industrie; i dispositivi medici, con uno tetto di sfondamento pari al 5,2% a carico delle regioni. E una serie di prescrizioni relative ai costi standard (prezzi di acquisto calcolati sulla media delle regioni virtuose), all’appropriatezza dei ricoveri, alla razionalizzazione della rete ospedaliera e alla gestione della non autosufficienza, prevenzione e mobilità sanitaria interregionale e transfrontaliera. Un documento complesso, ricco di indicazioni e rigoroso nella programmazione delle attività, che richiederebbe una perfetta organizzazione delle aziende sanitarie e ospedaliere.

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