Vaccinazioni in età infantile. Come era prevedibile, la proposta di emendamento da parte del senatore Claudio Borghi – inserita nel decreto-legge sulle liste di attesa – che chiede l’abolizione dell’obbligo vaccinale per i minori fino a 16 anni e i minori stranieri non accompagnati, ha sollevato un mare di polemiche. Sono intervenute le società scientifiche, Siti e Sip, che vedono nella immunizzazione “uno strumento di prevenzione primaria di straordinaria importanza e vengono utilizzate con l’obiettivo di conferire uno stato di protezione ai soggetti esposti al rischio di contrarre malattie infettive”. Analogo parere è stato espresso dall’infettivologo Matteo Bassetti, primario al Policlinico San Martino di Genova e docente universitario, volto notissimo della Tv nel periodo della pandemia da Covid, che in una intervista dell’8 luglio, sul canale Radio Cusano Campus, ha definito la proposta “scellerata, visto il momento attuale in cui si assiste a una recrudescenza del morbillo”. Uno spauracchio che si riaffaccia sempre non appena si riabbassa la guardia sulla somministrazione di vaccini. Il professore, a sostegno della sua tesi, cita i numeri: “È un dato di fatto quello che stiamo vedendo col morbillo: 35.000 casi in Europa nel 2023, e in Italia nei primi mesi del 2024 abbiamo avuto più di 500 casi, dieci volte tanto rispetto al 2023. Lo specialista spezza una lancia in favore della legge voluta dall’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin, pasionaria della immunizzazione, invitata nel 2014 negli Stati Uniti, per essere nominata dal presidente Barack Obama rappresentante dell’Italia quale Nazione capofila – nei successivi cinque anni – delle strategie vaccinali nel mondo, con conseguente campagna informativa negli istituti di istruzione per illustrare “corretti stili di vita associati alle vaccinazioni”. Secondo Bassetti, “è il nostro Paese, con un grande sistema (in realtà Servizio, ndr) sanitario nazionale a dover prendersi cura della salute dei bambini, non l’iniziativa personale del genitore” (testuale). Storia e statistiche ci raccontano di una costante attenzione dello Stato in tal senso. Tutto parte nel 1888 con i provvedimenti di Francesco Crispi sull’antivaiolosa di massa, va avanti Benito Mussolini nel 1939 con l’antidifterica per i bimbi nei due primi anni di vita.  Ulteriori obblighi arrivano negli anni Sessanta, con l’antitetanica nel 1963 e l’antipolio nel ’66. Nel 1991 è la volta del vaccino antiepatite B, imposto dall’allora ministro della Sanità Francesco De Lorenzo. Una vicenda che ebbe un risvolto giudiziario con la condanna, passata in giudicato dalla Cassazione, dello stesso De Lorenzo e del capo del settore farmaceutico del dicastero, Duilio Poggiolini, per aver incassato 600 milioni di lire dall’azienda Glaxo-Smith Kline, unica produttrice del vaccino Engerix B, affinché fosse promossa la somministrazione dello stesso a tutti i livelli. Da ultimo, l’obbligo vaccinale imposto nel 2017 dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che con la legge 119 ribadisce il vincolo, per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni, per l’antipoliomielitica; antidifterica; antitetanica; antiepatite B; antipertosse; anti Haemophilus Influenzale tipo B; antimorbillo; antirosolia; antiparotite; antivaricella allineandoci, per numero di inoculazioni obbligatorie alla Francia e a Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia. Tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico. Fonte: Eurosurveillance, 2012 (Nella foto: Beatrice Lorenzin e Nicola Zingaretti a una cena di Federfarma nel 2015)

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