Velletri: all’ospedale non si nasce più
La pagina del bollettino regionale è chiara: il punto nascita dell’ospedale Paolo Colombo di Velletri non riaprirà. Le gestanti della popolosa cittadina e dei comuni vicini dovranno convergere sul Nuovo Ospedale dei Castelli, a Fontana di Papa sulla Nettunense, 15 chilometri di distanza su una strada non proprio agevole e 20 minuti per arrivare, senza traffico. Non molto ma troppo per una donna con il “parto aperto”, come accaduto il 9 agosto 2020, quando per una trentenne veliterna non c’è stato tempo per il trasferimento e una bella bimba di tre chili ha visto la luce al Colombo. L’evento è stato salutato con gioia da operatori e cittadini, che speravano in un ripensamento della Regione Lazio che non c’è stato. “Il punto nascita è strategico – dichiarò il direttore generale della Asl Roma 6 Narciso Mostarda, audito in commissione sanità regionale nel 2020 – ma dobbiamo far quadrare i conti in un momento difficile”. E in tale affermazione è racchiusa la sintesi di tutta la vicenda, una decisione fortemente contestata dalla cittadinanza, con una forte mobilitazione che non è servita a invertire la rotta. Chiuso all’inizio della pandemia per far posto ai ricoveri per Covid, il reparto di Ostetricia e Ginecologia del Colombo ha sempre goduto di una grande tradizione in fatto di nascite. Percorsi di accompagnamento al lieto evento, parto dolce, umanizzazione della nascita con il contatto “pelle a pelle” mamma neonato. In sintesi, un patrimonio prezioso andato perduto per scelte regionali e aziendali – puntare tutto sul nuovo ospedale che in realtà è in sofferenza per un difficile decollo – non perfettamente in linea con le esigenze di una città di oltre 52mila abitanti in un territorio di 21 comuni non proprio agevole per i trasporti, specie in inverno quando le strade ghiacciano. Si potrà fare solo affidamento alle fasi pre e post partum, con personale ostetrico a disposizione e un protocollo per i trasferimenti in modalità “Stam”, ovvero trasporto della donna in caso di parto a rischio e trasporto “Sten”, in caso di emergenza neonatale. Il tutto legato alla discutibile concezione modellata secondo la logica “hub & spoke” (mozzo e raggi, per indicare il principio delle reti cliniche integrate, ndr) che ha trovato nel Lazio la prima sperimentazione a livello nazionale, senza una adeguata riorganizzazione territoriale dell’assistenza.