Villa Tiburtina, la storia infinita. Non c’è pace per il rimpianto presidio sanitario romano di via Casal de’ Pazzi, in zona Ponte Mammolo-Rebibbia, il cui smantellamento iniziò nel lontano 2008, per esigenze legate al deficit della sanità del Lazio e la cui riapertura come casa di comunità, entro la fine del 2025, sta assumendo i toni della farsa. Messa a disposizione del Policlinico Umberto I dalla Fondazione Eleonora Lorillard Spencer Cenci intorno al 1970, specializzata nella cura delle patologie polmonari, Villa Tiburtina disponeva della Fisiopatologia respiratoria, della Neurologia e Neuropsichiatria, della Pediatria, di un reparto di Chirurgia ben organizzato – che sopperiva alla mancanza di un grande ospedale nelle vicinanze – e di numerosi ambulatori gestiti dalla Asl Roma B, oggi Roma 2. Chiuso per anni e lasciato in abbandono, del centro sanitario si avvertì prepotentemente la mancanza all’esplodere della pandemia da Covid 19 e da allora i cittadini non si sono mai fermati, promuovendo continue mobilitazioni per chiedere alle istituzioni la restituzione di un servizio fondamentale, in una zona priva di presidi di sanità pubblica. Numerose e vivaci, sono state in questi anni, le interlocuzioni con l’assessorato alla Sanità della Regione Lazio, il distretto sanitario di zona della Asl Roma 2 e il IV Municipio e, mentre si stava assaporando il gusto della vittoria, con la decisione di realizzare la casa di comunità grazie a un investimento con fondi del Pnrr pari a 1,97 milioni, piccoli ma significativi segnali hanno di nuovo gettato nello sconforto la comunità dei residenti. Al posto del cartello di cantiere, che avrebbe dovuto campeggiare dal mese di marzo 2024 sul cancello in ferro battuto, Asl e ministero della Salute hanno piazzato due striminziti foglietti, con cui rammentano il finanziamento dell’Europa secondo il Piano di ripresa e resilienza, seguito da criptiche sigle – investimento di Missione 6 sanità, C 1-1.1, che individua le case di comunità, con la Asl Roma 2 quale soggetto attuatore ma del cantiere neanche l’ombra. Comprensibili gli interrogativi e la preoccupazione da parte dei cittadini che, ancora una volta, si sentono raggirati perché il cantiere riferito a un progetto esecutivo approvato a febbraio 2024, con affidamento alla ditta Consorzio Integra, che entro marzo avrebbe dovuto iniziare le opere, non vede ancora la luce. Da quanto appreso, i ritardi sarebbero da imputare al rilevamento di amianto nel fabbricato – materiale proibito dal 1992 in Italia perché di provata nocività per la salute – per cui i lavori sono stati sospesi ed è stata intrapresa la procedura di bonifica, operazione che doveva terminare a metà giugno e che, evidentemente, ha subito qualche rallentamento. Ciò che stupisce, è la mancata trasparenza nei confronti dei cittadini, da parte di una amministrazione a cui certamente, non mancano le possibilità di comunicare. “Una manifestazione di indifferenza verso la comunità a cui i servizi, realizzati con soldi pubblici, sono destinati”, obiettano sui social i cittadini. Un iter con passaggi oscuri, come lamentano, specie se si considerano le “reiterate e continue richieste alla direzione della Asl”. Non stupisce quindi, come tutti si stiano chiedendo cosa stia succedendo. Quello che stupisce, è l’inspiegabile silenzio delle istituzioni, che mal si adatta al nuovo corso dell’amministrazione trasparente, intrapreso dalla Pa ma a cui, a quanto sembra, le Asl faticano a uniformarsi.

 

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